Risanamento ambientale: sull’Ilva di Taranto gli occhi dell’Europa

La mancata attuazione delle misure previste dall’Autorizzazione Integrata Ambientale espone l’Italia nei confronti della Comunità internazionale. Vedi il caso di Punta Perotti a Bari. Almeno una buona notizia: partirà il piano di bonifiche previsto per il quartiere Tamburi di Taranto, il più compromesso dalle emissioni industriali del siderurgico e dell’Eni. Arriveranno 8,5 milioni di euro per la messa a nuovo delle scuole del quartiere.

Continua a far parlare di sé, l’Ilva di Taranto. Stavolta a salire agli onori delle cronache è il mancato rispetto, da parte dell’azienda, di una serie di prescrizioni previste all’interno dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, tra cui la mancata copertura dei nastri trasportatori e dei parchi minerali e lo sforamento di talune emissioni inquinanti. Il colosso dell’acciaio più grande d’Europa, di recente, è stato commissariato ed affidato dal governo Letta all’ex amministratore delegato della proprietà Riva, Enrico Bondi. Forse data la rilevanza che per l’economia del Paese l’industria dell’acciaio riveste, il neo commissario sta però adottando la stessa strategia negazionista utilizzata in passato dalla proprietà, con un risultato solo: le antenne dritte dell’Europa, che vuole vederci più chiaro. A confermarlo è il garante per l’attuazione dell’Aia, Vitaliano Esposito, già procuratore generale della Corte di Cassazione e chiamato al ruolo di controllore secondo la legge 231 del dicembre 2012 detta ‘salva-Ilva’, con cui il governo Monti cercò di risolvere l’annosa vicenda.

In una lettera inviata per presa visione alla presidenza del Consiglio, ai ministri dell’Ambiente, della Salute e dello Sviluppo economico e al direttore generale dell’Ispra, Esposito risponde al commissario Bondi, che – dopo le polemiche per aver sostenuto, attraverso i legali dell’azienda, che a Taranto le sigarette uccidano più dell’Ilva, frase poi smentita ma che compare in documentazione ufficiale – chiede di non avviare azioni di risarcimento pecuniario (come previsto dall’attuale legge in vigore, sempre la 231, ndr) per il mancato rispetto delle misure dell’Aia. “Le norme prevedono che il commissario – spiega Esposito – fino all’approvazione del piano industriale (parte integrante del decreto legge 61 il ‘salva-Ilva bis’, su cui da qui a poco dovrà esprimersi il Senato dopo il sì della Camera e che prevede l’eliminazione del ruolo del garante per l’Aia, ndr) garantisca comunque la progressiva adozione delle misure dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Segnalo pertanto che l’esposta situazione rischia, se possibile, di aggravare la posizione di esposizione del nostro Paese nei confronti della Comunità internazionale”. Il riferimento di Esposito è al caso di punta Perotti, l’ecomostro barese poi abbattuto, che costò all’Italia 49 milioni di euro di risarcimento alle imprese danneggiate, secondo quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel maggio del 2012.

Per la questione Ilva di Taranto, dunque, potrebbe andare anche peggio. La Commissione europea è già al lavoro. Si sta indagando nei confronti del governo italiano in merito alla lesione del diritto alla vita ed alla proprietà, sanciti dalla Carta fondamentale dell’Unione Europea, causati dal siderurgico jonico. Dunque, se il dramma lavorativo sembra essere scongiurato, con i dodicimila operai tutelati nel loro diritto al lavoro, non pare altrettanto semplice districare la matassa ambientale. Sull’argomento si è espresso anche l’arcivescovo della diocesi di Taranto, monsignor Filippo Santoro, che qualche giorno fa ha dichiarato: “Non bisogna assolutamente minimizzare il danno ambientale e sanitario che è palese e concreto nell’esperienza quotidiana di ogni tarantino. Lo dico – ha continuato don Filippo – nel rispetto degli ammalati e di tutti i cittadini. Chiedo ancora una volta a tutti di continuare a lavorare per la speranza di Taranto”. L’arcivescovo ha auspicato un’attuazione seria e rigorosa dell’Aia, che sia segno di responsabilità da parte dell’azienda nei confronti della città. Chiudiamo, però, con una buona notizia: partirà il piano di bonifiche previsto per il quartiere Tamburi di Taranto, il più compromesso dalle emissioni industriali di Ilva ed Eni. Arriveranno 8,5 milioni per la messa a nuovo delle scuole del quartiere. “Gli interventi – spiegano in una nota dal ministero dell’Ambiente – saranno mirati al disinquinamento, alla riqualificazione funzionale e alla riqualificazione energetica degli edifici scolastici. Saranno risanate anche le parti all’aperto, rinnovati gli impianti e gli infissi. Al termine le scuole saranno edifici a impatto zero”. Per l’inizio dei lavori però bisognerà attendere febbraio 2014. La conclusione è prevista per la prossima estate.