Rieti, una mattinata per parlare dello Sprar

Una mattinata per parlare dello Sprar, il sistema protezione rifugiati e richiedenti asilo: una rete fra tutti gli enti locali che nel territorio nazionale se ne occupano, coordinata dal servizio centrale presso il ministero degli Interni.

L’ultimo Rapporto curato dallo Sprar è stato infatti presentato a Rieti alla presenza di due tra gli organismi a cui è affidata la gestione dei progetti di  accoglienza rifugiati: Caritas e Arci. La mattinata ha visto l’auditorium Varrone riempirsi di un pubblico prevalentemente composto da studenti delle scuole superiori reatine, ai quali è giunto il saluto della prefetto Chiara Marolla, del Sindaco di Rieti Simone Petrangeli e dell’assessore comunale alle Politiche sociali Stefania Mariantoni.

A lei il compito di spiegare come il Comune capoluogo si sia impegnato da diversi anni nell’accoglienza dei rifugiati, distinguendo tra loro le due diverse situazioni, quella degli adulti e quella dei minori non accompagnati e attivando «una serie di buone prassi» per lavorare con loro.

Nel campo dei rifugiati adulti è all’opera la Chiesa locale attraverso la Caritas, che dal 2009 gestisce, con propri operatori qualificati, il progetto Sprar riguardante gli stranieri maggiorenni. A illustrare l’attività targata Caritas la responsabile Antonella Liorni, che sotto la supervisione del direttore don Benedetto Falcetti coordina il progetto con i rifugiati adulti, accolti in tre appartamenti ubicati nel centro storico messi a disposizione dalla Curia, che ospitano fino a 18 persone.

Per lo staff dello Sprar la Diocesi ha reso disponibili anche i locali in via Sant’Agnese, per lo svolgimento delle varie attività a favore dell’integrazione e della formazione dei rifugiati stranieri. Per l’accoglienza di minori soli, invece, l’ente gestore è un’associazione tipicamente laica quale l’Arci.

E qui, ha tenuto a illustrare la Mariantoni, il Comune ha voluto ulteriormente distinguere tra un settore per i ragazzi che si avvicinano alla maggiore età, i quali vengono accompagnati da appositi tutor verso la piena autonomia, e i più piccoli, con i quali si sta portando avanti a Rieti «un intervento pilota, che vuol diventare una prassi comune», quale l’accoglienza di tali ragazzi presso famiglie affidatarie; attualmente, ha spiegato l’assessore, «abbiamo tre famiglie affidatarie che possono prendere in carico ciascuna due minori; si tratta di famiglie “professionali”, che seguono un percorso di formazione e ricevono una quota di rimborso spese diverso da quelle delle normali famiglie che prendono in affidamento minori su base volontaria».

Certamente i problemi non mancano e i destinatari dei progetti si trovano spesso ad affrontare criticità e disagi, come rilevato recentemente sia dal direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale del lavoro, don Valerio Shango, sia da Cittadinanzattiva: se accoglienza deve essere, per una piena integrazione dei rifugiati nel nostro territorio, va fatta nel modo migliore possibile.

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