Non sarà stata proprio una “Critical Mass”, ma ce poco da fare: un qualche potenziale “anarcoide” Bicincittà lo ha lasciato intravedere. Anche se è stato guidato e garantito dalla Polizia Municipale, il transito in bicicletta, confrontato al traffico irregimentato delle automobili, parla di un modo di muoversi più libero. E più leggero, anche: per il portafogli e per l’ambiente.
Da parte loro, nei passaggi di convivenza obbligata, gli automobilisti reatini sono stati corretti. A vederli così rinchiusi in macchina, veniva quasi voglia di spiegargli che i ciclisti non bloccano il traffico: sono il traffico!
Ma a guardarli meglio si capiva che la loro pazienza era più per rassegnazione che per convinzione. In cuor loro erano confortati dalla consapevole certezza di trovarsi innanzi ad una singolarità, un’eccezione, un’anomalia. Poche ore e tutto torna normale, con la ferraglia a quattro ruote nuovamente padrona delle strade, della città, delle vite.
Vuol dire che se davvero si vuole una città bike friendly, iniziative come Bicincittà sono utili, ma non bastano. E pure il bike sharing prossimo venturo avrà il sapore del palliativo.
Infatti occorrerebbe fare un serio lavoro culturale. Ad esempio ricordare a tutti che un uomo in bicicletta può andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell’energia.
È davvero così difficile convincerci che la bicicletta richiede poco spazio, che se ne possono parcheggiare diciotto al posto di un’auto e se ne possono spostare trenta nello spazio divorato da un’unica vettura? In una città piccola come Rieti non sembra una cosa indifferente, ma ci siamo assuefatti all’automobile: non ne percepiamo più la violenza.
Eppure le quattro ruote ci sottraggono quotidianamente spazio e libertà. Con la bici, invece, si diventa padroni dei propri movimenti senza impedire o condizionare quelli degli altri, e senza confinare gli “utenti deboli” ai margini della strada.
Se Rieti nel tempo s’è parecchio imbruttita, è anche perché l’uso dell’automobile ha imposto e impone continue trasformazioni alla città. Mentre la bicicletta permette alla gente di creare un rapporto tra il proprio spazio e il proprio tempo, tra il proprio territorio e le pulsazioni del proprio essere, senza distruggere l’equilibrio ereditato.
Direte che queste idee sono belle, ma la realtà tira da un’altra parte. Che siamo troppo pigri e corrotti per cambiare vita. E in fondo avete ragione. Ma almeno lavoriamo sui più giovani!
Ad esempio, visto che siamo una “Città amica dei bambini”, potremmo mettere a loro disposizione una piccola ciclofficina. Imparando come è fatta e come si ripara la propria bicicletta, i bambini si divertirebbero assorbendo la “cultura” ciclistica, insieme all’idea che si può portare a nuova vita ciò che apparentemente è rotto o da buttare. Inoltre acquisirebbero abilità pratiche manuali, che non è mai male.
Vedete quanti vantaggi viaggiano sui pedali? Ma forse in una città che a fatica tiene aperto l’Ufficio Bici, questo è chieder troppo. E viene il sospetto che la pedalata della domenica va bene, ma le priorità sono altre.