Possiamo ancora vantarci di essere italiani?

È successo in questi giorni alla Regione Lazio, è successo alla Regione Sicilia, succede ovunque nel nostro Paese: ruberie di ogni genere. La classe politica pensa solo a se stessa, fa arrossire e riempire di sdegno.

In tanti si sentono offesi da chi ci rappresenta, si sentono derubati anche della propria dignità. La nostra bella Italia è diventata un Paese senza regole. Vive nel caos di una politica senza progetti, che improvvisa e naviga a vista.

Il nostro perbenismo ipocrita ci ha portati allo sfascio, alla disgregazione, all’annullamento di ogni voglia di ribellione. Ci siamo adagiati su un modello di governo nazionale, regionale e comunale che ci sta portando alla rovina.

Chi si “ribella” è ritenuto un sovversivo. Spesso viene emarginato all’interno dei partiti, quasi fosse un freno alla realizzazione di interessi nascosti. Dopo tutto cosa fanno i nostri politici? Se la cantano e se la suonano. Lo abbiamo potuto constatare nella nostra Regione: compromessi tattici e strategici, dimissioni annunciate e poi revocate per continuare ad incassare stipendi e indennità. Manco fossero veri lavoratori!

Alcuni di loro sono pure intelligenti, ma non lo dimostrano: non c’è traccia del loro ingegno sul territorio; questi nostri politici non hanno realizzato in anni e anni niente di particolarmente significativo per la nostra Provincia.

Se si ritirano li lasciamo senza rimpianti. Ci ricorderanno di loro i “buffi” che lasciano e l’elenco dei loro fallimenti.

Lascino il posto ad altri. Abbiamo bisogno di uomini e donne che abbiano davvero nel cuore la voglia di mettersi al servizio della gente. Ci vorrebbe una voglia sincera di costruire, di portare avanti progetti capaci di soddisfare le esigenze degli elettori: il lavoro, l’ambiente, la salute.

Di politici che si servono della gente per raggiungere i loro inquietanti interessi ne abbiamo piene le tasche. Ma dobbiamo liberarci, dobbiamo rompere le catene che legano gli affari alla politica. Facciamo sentire la nostra indignazione, ma non solo.

Davanti ad un terremoto, dopo lo choc, occorre ricostruire. Si impara dagli errori e si cerca di dare maggiore solidità agli edifici. È quello che dobbiamo fare anche noi in questa fase di rinnovamento politico.

Non possiamo delegare ad altri né il presente, né il futuro. Lo abbiamo fatto fino ad ora e non ha funzionato. Una più stretta partecipazione è il compito di ogni persona che ha a cuore la cosa pubblica. Il contributo di ognuno può aiutare a rigenerare la politica. Può essere il seme da cui fiorisce nuova vita e buoni frutti.

Lasciata a se stessa la politica ha solo distrutto i valori, smantellato le certezze e reso la società schiava di poteri che non hanno pietà per il prossimo, per chi soffre, per chi è debole. È stata soggiogata da forze che premiano solo chi ha grossi interessi e li sa difendere.