Mons. Pompili: «Il perdono è sempre l’offerta di una nuova possibilità»

È stata una indagine condotta nelle pieghe del testo per ricavarne l’insegnamento più profondo quella proposta dal vescovo Domenico sull’episodio dell’adultera, riportato dal Vangelo di Giovanni. «L’assenza di questo brano nei manoscritti più antichi e la convinzione che non si tratti di un testo giovanneo, ma forse lucano – ha premesso il mons. Pompili commentando le letture della V domenica di Quaresima – nulla toglie alla suggestione di trovarsi di fronte ad un’autentica perla evangelica, anche se aggiunta in seguito».

La scena si presenta composta da una folla di solitudini: «Sola è anzitutto la donna, senza un nome che non sia il suo peccato. È lì mezza nuda, gettata per terra, dopo essere stata trascinata a forza tra sguardi impietosi ed impudichi. Non parla, forse non è neanche pentita. Certo è terrorizzata rispetto a quello che paventa».

Ma è solo pure Gesù, «chiamato in causa per essere incastrato e per di più nel tempio. Se avesse assecondato l’ansia di pulizia avrebbe deluso chi vedeva in lui un profeta diverso. Se avesse rifiutato la lapidazione sarebbe stato accusato di tradimento, vista la chiarezza della Legge mosaica».

Sono soli anche gli stessi accusatori, «che alla parola del maestro si dilegueranno in fretta, presi da una improvvisa consapevolezza della loro responsabilità».

Lo scollamento è reso ancora più evidente dal «gesto misterioso ed indecifrabile che compie il Maestro scrivendo per terra», ma la situazione cambia quando «la sua parola che irrompe nel silenzio: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”».

A questo punto sembra che la situazione si ribalti all’improvviso: non si tratta più di salvare la donna dai suoi accusatori, ma questi dalla donna! Quegli uomini religiosi si saranno sentiti sfidati dall’invito provocatorio del Maestro e avranno presagito le parole del Qoelet che scrive: “Non c’è sulla terra un uomo, così giusto che faccia solo il bene e non pecchi” (7,20). Specialmente poi nel campo degli affetti, dei sentimenti, delle relazioni. Di qui l’unica via di uscita che è la fuga e il silenzio, consapevoli che diversamente nel condannare la donna avrebbero finito per condannare se stessi.

“Dove sono?” sussurra Gesù alla donna una volta dileguata la folla. «E per la prima volta ella si sente accolta e non concupita. Proprio questo sguardo così limpido e coinvolgente trasforma la malcapitata».

Essere perdonati, prima di ogni altra cosa, significa percepire un tale sguardo non giudicante e presagire che la vita, anche quella più disgraziata, offre sempre una nuova possibilità, riserva ancora un guizzo inedito. È il perdono, infatti, e non la perfezione il nostro destino. Non si nasce perfetti, si diventa migliori. Non si comincia casti, ma si cresce via via attraverso le esperienze anche confuse della vita.

«Gesù – ha concluso il vescovo – non indulge al male, né tantomeno flirta con l’ambiguità, ma sa leggere nel male il desiderio del bene e coglie nella donna la sua sete insoddisfatta di pienezza che è stata sinora contraddetta. Perché lo sappiamo tutti: dà più forza sentirsi riconosciuti nelle nostre aspirazioni di bene piuttosto che vedersi accusati nelle nostre manifestazioni di male».

Clicca qui per vedere il video su YouTube.

Scarica l’omelia: V domenica di quaresima (Messa in cattedrale)