Mercoledì delle Ceneri: quaranta passi alla Pasqua

Sono ben quaranta i giorni che delimitano la quaresima. Si tratta di una cifra simbolica e insieme di un evento reale. Per certi aspetti questo tempo lungo che prelude alla pasqua potrebbe essere collegato a quella “età di mezzo” che segna la vita della donna e dell’uomo tra i 40 e i 65 anni. Che cosa accade?

E’ una fase di transizione in cui non si è più giovani e non si è ancora vecchi; una fase fluttuante sul piano psicologico dove si alterna frustrazione e delusione, disgusto e stanchezza. E’ una fase di bilanci, non sempre vincenti e tuttavia un varco verso il futuro si può aprire a condizione che si accetti il limite, e quello più radicale di tutti che è la morte. Non voler morire coincide con il non voler vivere. Per questo alcuni provano delle vie di fuga come le droghe, l’intontimento o l’irrigidimento, l’instabilità, la pura esteriorità. Mentre l’uscita di sicurezza resta solo quella di accettare il passare del tempo. E andare verso un di più di generosità, di interiorità, di libertà. Grazie ad un io rinnovato e ad una personalità più spirituale.

Le parole sferzanti del Maestro che nella Vangelo di Matteo mettono in guardia dalla strumentalizzazione della religione diventano a questo punto pertinenti. L’elemosina, la preghiera e il digiuno non possono essere ridotti ad una pratica esteriore per crescere nella valutazione degli altri, ma sono esclusivamente un’azione interiore che ha rilievo davanti a Dio e serve alla nostra crescita personale.

L’elemosina, anzitutto. ”Non suonare, dunque, la tromba quando aiuti un povero. Così fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle vie. Vogliono solo avere la lode della gente”. Non è l’ammirazione degli altri o la crescita del consenso che può aiutare ad attraversare l’età di mezzo, ma soltanto la gioia di fare del bene per il bene. Per questo Gesù aggiunge la massima: “Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”. Dimenticare se stessi libera dall’ossessione di dover emergere ed aiuta a far pace con il tempo che divora tutto, salvo il bene che si è fatto nel nascondimento. Non mettere la firma personale di proprietà. Questo sì che è amore in grado di far rinascere la vita.

E poi la preghiera. “Quando poi pregate, non datevi allo sproloquio, come i pagani: essi infatti pensano che Dio li esaudirà in forza delle molte parole”. Non è dare l’assedio a Dio, ma lasciarsi incontrare da Lui per risvegliarci alla fede che vacilla sotto i colpi del tempo che trascorre. Pregare fa pervenire ad un silenzio stupito e meravigliato privo di parole, ma non di emozioni. E rende persuasi che non si è mai soli quando Dio è con noi. Si tratta di una esperienza di umiltà e di fragilità che mentre ci espone ci protegge.

Infine, il digiuno: “quando vuoi digiunare, lavati la faccia e profumati i capelli, perché nessuno si accorga che stai digiunando se non il Padre tuo che è lì nel segreto”. I farisei digiunavano due volte alla settimana e in pubblico. Ben altro è il digiuno per Dio che non coincide con il benessere psicofisico, né solo con la solidarietà verso i poveri, ma punta ad allentare ogni pretesa vorace. La libertà dalle cose e dalle situazioni non ha prezzo. E spinge a sacrificarsi per il bene di tutti.

La quaresima è, dunque, un tempo di crisi, ma salutare. Esattamente come l’età di mezzo. Il demone meridiano che è l’accidia si nutre di indifferenza, di svogliatezza, di rimozione della morte. Per questo ci vuole l’antidoto dell’elemosina, della preghiera e del digiuno, vissuti per se stessi.

Con l’elemosina cresce la generosità che ci fa meno rapaci; con la preghiera si cresce nel nostro mondo interiore (insight) a dispetto del decadimento di quello esteriore; con il digiuno si impara a non farsi divorare da nulla e a coltivare la propria libertà.

Così dalla crisi dell’età di mezzo, come dalla quaresima, si esce più generosi, più pensanti, più liberi. Svuotandosi, sgombrandoci dal nostro io e dalle cose, tacendo e ascoltando si affina la sensibilità e si prepara lo spazio per accogliere il mistero, come suggerito nel verso di Turoldo:

“Di Te si affanna questo cuore,
conchiglia ripiena della tua eco,
e infinito silenzio”.

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