Memling, il fiammingo che brilla

Alle Scuderie del Quirinale si può ripercorrere il rapporto dell’artista con i committenti italiani

Quando si dice che brillano gli occhi, si vuole usare un’espressione che manifesta entusiasmo, gioia, tradisce un sentimento; ma quando sono i quadri a brillare ti chiedi davvero quale grande maestria si celi nella mano dell’artista, quali tecniche abbia usato per rendere così nitida e reale la visione, per fingere così chiaramente la variabilità e la bellezza della luce.

Ebbene le opere di Hans Memling esposte a Roma dall’11 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015 (Memling. Rinascimento Fiammingo) alle Scuderie del Quirinale, nella prima retrospettiva dedicata all’artista in Italia a cura di Till-Holger Borchert, “brillano” e di riflesso brillano anche gli occhi dei visitatori.

Memling, nato in Germania, si formò assimilando la pittura di grandi maestri come Rogier van der Weyden, ma il suo successo è legato alla città di Bruges dove nel 1465 aprì la sua bottega. In quegli anni la città belga era la capitale del potere economico, tanto da attirare anche gli interessi di una filiale dell’antico Banco Mediceo, che si installò in città. Era la più potente banca esistente in Europa nel XV secolo e a Bruges c’era una vera e propria colonia di ricchi mercanti italiani, “finanzieri” che, insieme al denaro, portavano oggetti preziosi, ori, tessuti, manoscritti miniati, dipinti.

Il rapporto di Memling con l’Italia si spiega dunque da un lato attraverso la richiesta di sue opere da parte di importanti committenti, come i fiorentini Tommaso Portinari o Angelo Tani e dall’altro con gli artisti che videro le sue straordinarie tavole dipinte ad olio e ne subirono il fascino come Ghirlandaio, Filippino Lippi, Fra Bartolomeo.

Le opere esposte in mostra attraversano le varie fasi della carriera dell’artista e mostrano anche i generi in cui il maestro potè esprimere al meglio le sue potenzialità, come la ritrattistica. Il Ritratto d’uomo con una moneta romana, forse Bernardo Bembo, del 1473-1474 (Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) e il Ritratto d’uomo del 1475-1480 circa (Royal Collection Trust – Sua Maestà la Regina Elisabetta II) sono due esempi straordinari per la qualità d’esecuzione e per la perfezione dei dettagli con cui l’artista riesce a rendere il volto con la sua espressione naturale, la postura del busto e lo sfondo con un brano di paesaggio di idillica natura.

Non mancano nella mostra i numerosi esempi delle tavole a soggetto religioso, che si dividono nelle composizioni di più ampio respiro come le pale d’altare e in quelle destinate alla devozione privata. La Passione di Cristo della Galleria Sabauda di Torino (1470), stupisce per la capacità con cui l’artista riesce ad assemblare in un unico e lenticolare racconto tutti gli episodi della Passione, in un’immagine che vuole essere anche un itinerario contemplativo sulla via della Salvezza; mentre il Trittico della Crocifissione del Szépmüvészeti Múzeum di Budapest (1480-1485), mostra il Cristo Risorto circondato di una luce calda e accesa e l’angelo, di bianco vestito, scoperchia il sepolcro sollevando con naturalezza il pesante blocco di pietra, come se fosse una semplice scatola di cartone. Non possiamo non menzionare i volti del Cristo dolente del Esztergom Keresztény Múzeum e del Cristo benedicente di Genova (Musei di Strada Nuova – Palazzo Bianco). Infine nell’ultima sezione della mostra troviamo il Trittico del vescovo fiorentino Benedetto Pagagnotti (Firenze, Galleria degli Uffizi, scomparto centrale – Londra, The National Gallery, scomparti laterali), opera che è stata per l’occasione eccezionalmente riassemblata.