L’inganno della “limitazione della sovranità”

Uno degli artifizi giuridici del diritto internazionale per rendere possibile la capacità potestativo-impositiva degli organismi europei e internazionali è quello della “limitazione di sovranità”. In poche parole si tratta di un limite che uno Stato accetta di porre al suo diritto-dovere di legiferare in determinate materie almeno, perché in tali ambiti deciderà l’Unione Europea.

Tali limitazioni ormai spaziano dal settore economico-commerciale a quello giuridico: si pensi alle quote-latte, al tipo di tasse da ammorbidire o aumentare, da inserire o da togliere, se uno Stato sia libero di mettere i crocifissi negli uffici pubblici o no, se debba far pagare le tasse alle Chiese (non solo quella cattolica) o no; se possa dare le case gratis ai senzatetto o no, se possa dare aiuti di Stato ai terremotati o no.

Se l’Unione Europea è questo, è un bluff e la limitazione della sovranità è un inganno utilizzato strumentalmente, forse anche da poteri occulti per manovre che spesso ci sfuggono.

La limitazione di sovranità intesa in senso pervasivo e non limitata ad alcune materie rigorosamente stabilite, non solo è un inganno ma è di dubbia costituzionalità. Non il potere dello Stato di autolimitare la propria sovranità in sé, ma l’allargamento progressivo che gli organismi europei hanno promosso prescindendo ormai dalle costituzioni degli Stati.

Questo vale per l’Europa ma anche per altri consessi internazionali: si pensi alla norma che dichiara il matrimonio un diritto umano fondamentale; l’art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma, per esempio: «Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento».

Siamo proprio sicuri che quello di sposarsi sia un diritto, e che le limitazioni da non frapporre siano solo quelle della cittadinanza, della razza e della religione, e che per esempio non debbano essere seriamente valutate alcune caratteristiche e requisiti, psicologici e attitudinali? Forse bastava aggiungere «se non vi sono impedimenti di ordine giuridico e psicologico».

E quando gli organismi dichiareranno diritti umani anche cose peregrine, fuori dal diritto e dal buon senso, la limitazione di sovranità si estenderà come una gomma da masticare?

Purtroppo con la scusa della limitazione della sovranità non solo si stanno appiattendo gli ordinamenti giuridici delle singole realtà e comunità, ma progressivamente gli ordinamenti dei singoli Stati saranno completamente svuotati, di fatto, se non di diritto, in favore di visioni del mondo e della vita estranee dal sentire comune e dalle tradizioni giuridiche e sociali dei popoli.

Forse non si è tenuto conto che la limitazione di sovranità sconfina quasi sempre in una limitazione dei diritti dei singoli, poiché la linea di demarcazione è spesso inconsistente.

Ci sono dei poteri che hanno preso piede, magari piano piano e senza, forse, un preciso disegno, ma che determineranno, in futuro, anche ciò a cui dovremo credere e ciò in cui dovremo sperare.

L’Unione Europea doveva essere un incontro di diversità, non un appiattimento uniforme su certi valori che possono pure essere rispettabili, ma che opereranno una evoluzione o involuzione nel costume dei popoli.

L’Unione Europea rischia di fare la fine di quel Re che, per paura di morire di sete, non fece bere acqua a nessuno dei suoi servitori e alla fine non morì di sete… ma di altro.