Libera a Rieti, don Ciotti: «Su verità e giustizia nessuno ci speculi»

Accalorandosi e arrossendo pure, don Luigi Ciotti ha voluto dare lui l’annuncio: «Papa Francesco la propria firma sotto questa bandiera di Libera ce l’ha messa con un pennarello!». E ha chiosato: «Un Papa semplicemente con un pennarello!». Poi ha polemizzato con tutte le antimafie divenute ormai una professione: «Su verità e giustizia nessuno ci speculi. La nostra associazione Libera è pulita. È fatta di Azione Cattolica, Fuci, Caritas e di tante comunità laiche e aconfessionali. Le mafie sono tornate forti. Si tratta di un disastro abissale malgrado il grande impegno di magistratura e forze di polizia e carabinieri. Ce lo ha detto l’ultimo report della Cia. Sono 150 anni che parliamo di mafia, 120 di ‘ndrangheta, 400 di camorra. Contro di esse si ha bisogno di tutti. La nostra battaglia è per la conquista di un diritto che chiamiamo per nome: dignità!».

Ad ascoltarlo, seduti in prima fila nella sala a Palazzo San Rufo, erano i familiari dei tre giovani reatini morti cinque anni fa all’Aquila. A essi è intitolato il nuovo presidio. Il francescano padre Marino Porcelli – che da guardiano di Fonte Colombo ha assistito alla nascita del nucleo reatino degli attivisti di Libera –, poco prima dello scoprimento di una targa con i nomi di Luca, Valentina e Michela posta all’ingresso, aveva puntualizzato come la loro morte sia frutto non solo di catastrofe naturale, ma anche di comportamenti contrari a ciò per cui Libera è nata: la legalità. Dunque, dalla serata piovosa, fredda e brumosa di mercoledì scorso, l’associazione di don Luigi Ciotti ha una sede a cinquanta metri di distanza dalla lapide che in venti differenti lingue, le più parlate dell’orbe terraqueo, dalla fine della seconda guerra indica dove è situato il luogo dell’umbilicus Italiæ che fu caro a Varrone.

Ed essendo Rieti a due passi da Roma, anche se divisa dalla Salaria quasi impercorribile, parecchio accidentata e affollata di trabocchetti e di pericoli mortali che ne hanno fatta una delle arterie più pericolose del Paese per i lutti provocati a motivo dell’incuria della politica e dell’ignavia dei tanti governi nazionali e regionali che si sono succeduti e che richiederà presto una impegnativa lotta di Libera, da oggi in poi i reatini avranno da considerare di casa don Luigi Ciotti, il sacerdote leader della comunità, che sostenuto dal suo Gesù ha fatto della lotta alla mafia la ragione della propria missione pastorale.

Per l’occasione, la diocesi di Rieti ha messo a disposizione dell’associazione, in difficoltà a trovarsi una sede, propri locali nel palazzo sul retro della chiesa di San Rufo che fu dei Camilliani e poi, in anni più recenti, di don Adriano Silvestrelli. L’evento ha avuto più di un significato, diversi e molteplici, interessanti risvolti. La manifestazione inaugurale è stata presentata dal vescovo Domenico Pompili che ha spiegato come l’idea di assegnare a Libera i locali diocesani sia venuta dall’applicazione delle insistenti sollecitazioni rivolte dal Papa, che vuole la Chiesa capace di andare verso le periferie del mondo, spronando vescovi e preti a sporcarsi gli abiti e a profumarseli dell’odore delle proprie pecore così da incarnare il Vangelo di Gesù per renderlo concreto con atti visibili.

«La concessione della sede – ha detto il vescovo – è avvenuta per la ricaduta sociale che avrà sulla nuova evangelizzazione e perché sia dimostrato l’assoluto valore del Vangelo. Qui gli amici di don Luigi lavoreranno insieme ai volontari del consultorio familiare, dell’ambulatorio medico, della scuola di teologia e con loro formeranno un polo che produrrà solo bene per la città». Poi don Luigi ha aggiunto: «Ringrazio il vescovo e non è una formalità, perché questa Chiesa reatina ci ha invitato a guardare il cielo». Già nei mesi scorsi monsignor Pompili aveva offerto a Ciotti una «platea» diocesana, invitandolo a parlare ai giovani riuniti all’oasi di Greccio per il meeting di gennaio, quello chiuso con l’improvvisata visita a sorpresa del Pontefice. «Io lo sapevo – ha sorriso don Ciotti rivolto al vescovo – che Francesco ti sarebbe venuto a trovare, abbracciando i tuoi genitori e i tuoi ragazzi!».

Lazio Sette (Rieti) 13 marzo 2016