Cultura

L’eredità di Gigi Proietti, grande cantore dell’umanità

Il testamento che ci lascia Gigi Proietti è una lunga sequenza di sorrisi che ha saputo donare con simpatia e professionalità a generazioni di spettatori: lascia un vuoto come quello che ha colmato nel 1976 quando gli viene chiesto di coprire uno spazio di calendario lasciato improvvisamente libero

La vita di Gigi Proietti non è stata una “mandrakata” come quella di uno dei protagonisti della pellicola del 1976 “Febbre da cavallo”, un classico della commedia all’italiana. Ma una autentica storia di passione e di dedizione arricchita dalla brezza dell’ironia, come la trama della miniserie “Preferisco il paradiso” su San Filippo Neri. La sua eredità non è quella dell’attore improvvisato, come nella esilarante scena teatrale “La signora della Camelie”, che ripete le battute nel modo sbagliato suscitando ilarità e risate. Il suo testamento è invece una lunga sequenza di sorrisi che ha saputo donare con simpatia e professionalità a generazioni di spettatori. Tra i mondi che ha solcato ci sono quelli del cinema, della televisione, del teatro.

Lascia un vuoto come quello che ha colmato nel 1976 quando gli viene chiesto di coprire uno spazio di calendario lasciato improvvisamente libero. Nasce così lo spettacolo che porterà in scena per tutta la vita: “A me gli occhi, please”. Un successo di pubblico e di ascolti come la serie televisiva “Il maresciallo Rocca”. Gigi Proietti ci lascia tanti ricordi profondi anche tra barzellette, spot e battute rimaste nelle teche della memoria collettiva.

Una vita di talenti e sorrisi

Luigi Proietti nasce a Roma il 2 Novembre 1940, in via Giulia nel cuore della città, in un tempo dilaniato dalla seconda guerra mondiale. Il Colosseo, il Tufello e poi l’Alberone sono il palcoscenico quotidiano in cui cresce. Un apprendistato esistenziale che negli anni dell’infanzia e della gioventù si snoda tra scuola, famiglia e parrocchia. Da bambino aiuta il sacerdote nella santa Messa come chierichetto e pensa di farsi prete. Ed è nell’oratorio che scopre e rivela la sua più grande vocazione: quella per il mondo della rappresentazione. Un talento innato, affinato dallo studio, che dopo il liceo classico sfocia nei primi passi teatrali. All’inizio degli anni Sessanta l’Università La Sapienza promuove delle attività parallele al normale corso di studi. Gigi Proietti, che all’epoca era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza, si distingue per una capacità scenica fuori dal comune. Debutta nel novembre del 1963 nel teatro-cabaret. Sono anni in cui coltiva anche una passione musicale, sottofondo non secondario della sua straordinaria traccia artistica.

Maestro di recitazione

Negli Anni ’70, la sua carriera si snoda attraverso cinema, televisione e radio. Nel 1978 fonda il Laboratorio di esercitazioni sceniche per giovani attori. Dal 1978 al 2007 è direttore artistico del Teatro Brancaccio di Roma. Una grande scuola da cui sono usciti celebri nomi del mondo dello spettacolo. Il 2016 è l’anno del debutto come attore al teatro Globe Theatre, da lui fondato nel 2003. Un maestro figlio di Roma, deceduto lunedì scorso nel giorno del suo compleanno. È nato e morto nello stesso giorno, proprio come il tanto amato William Shakespeare.

Gigi e la fede

Gigi Proietti ha collezionato fiction, film, spettacoli teatrali. Aveva una relazione intensa con la spiritualità. In una intervista rilasciata nel 2014 al programma della Rai “A sua immagine”, aveva affermato che era attratto dal fascino dei santi: “Mi intriga di conoscere i loro dissidi, le vicissitudini che li hanno portati all’onore degli altari”. “Continuo a pensare – aveva aggiunto – che Gesù sia stata la figura più rivoluzionaria della storia”. Riferendosi a papa Francesco, aveva detto: “Ha un grande carisma, importante capacità di penetrazione nelle coscienze perché usa un linguaggio semplice, ma non facile. Credo, infatti, che la semplicità sia la cosa più complicata che esista”.

Teatro e religione

“Bisogna ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti”, disse Paolo VI nel 1964 ricevendo gli artisti nella Cappella Sistina. “Noi dobbiamo domandare a voi – aveva detto papa Montini rivolgendosi agli artisti – tutte le possibilità che il Signore vi ha donato, e, quindi, nell’ambito della funzionalità e della finalità, che affratellano l’arte al culto di Dio, noi dobbiamo lasciare alle vostre voci il canto libero e potente, di cui siete capaci. E voi dovete essere così bravi da interpretare ciò che dovrete esprimere, da venire ad attingere da noi il motivo, il tema, e qualche volta più del tema, quel fluido segreto che si chiama l’ispirazione, che si chiama la grazia, che si chiama il carisma dell’arte”. In una video intervista rilasciata a Vatican News nel 2008, Gigi Proietti riflette sull’attualità di quel messaggio.

Preferisco il Paradiso

Nel 2010 Gigi Proietti ha interpretato san Filippo Neri nella miniserie televisiva “Preferisco il Paradiso”. “Filippo Neri – ha detto in una intervista – era chiamato ‘il santo della gioia’, ma era anche allegro. Credo che uno dei motivi per cui hanno pensato a me sia proprio la mia allegria”. A dirigere Proietti sul set fu Giacomo Campiotti.

L’ultima entrata al Globe

Nel silenzio e con commozione giovedì 5 novembre Roma, nonostante le restrizioni e le limitazioni legate alla pandemia, ha abbracciato per l’ultima volta Gigi Proietti. Un lunghissimo applauso di amici e colleghi, riuniti al Globe Theatre, ha salutato il feretro dell’attore romano. “Non morirai mai – ha detto Marisa Laurito – perché nessuno ti dimenticherà”. “È stato un privilegio starti vicino”, ha aggiunto uno dei suoi allievi, Enrico Brignano. “A cinque anni ti imitavo già”, ha rivelato con la voce carica di commozione Paola Cortellesi. In ogni ricordo, un punto fermo: Gigi ha reso come pochi altri professionale la figura dell’attore. Non a parole, ma nei fatti. L’ex sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha sottolineato che “Gigi era un uomo colto, un intellettuale popolare”.

Il ricordo di Walter Veltroni

Intervenendo a “Doppio Click” Walter Veltroni , ex sindaco di Roma, ha raccontato la genesi del Globe. “Gigi era rimasto incantato da quel teatro visto a Londra, e continuava a ripetermi che sarebbe stato bello riproporlo a Roma. Sarebbe, sarebbe… allora gli ho detto sarà! E grazie alla collaborazione di tanti in tempi record è stato e sarà per sempre meta di decine di migliaia di persone, soprattutto giovani”. Ma perché proprio Shakespeare? “Perché lo amava tanto, lo ama chiunque faccia teatro e mi permetta di dire – sottolinea Veltroni – lo ama chi ama la vita”.

Le esequie

I funerali, nella chiesa degli artisti di piazza del Popolo, sono stati presieduti da don Walter Insero. Nell’omelia, il sacerdote ha ricordato che Gigi Proietti è stato “un uomo mite”, colto e raffinato. Ha saputo raccontare l’umanità che osservava “con tenerezza, con leggerezza”, ma anche “con profondo affetto”. Affermava che “gli attori sul palcoscenico non fanno altro che ripetere la profondità poetica della liturgia”.

Proietti diceva inoltre che Dio non si può capire: “Dio non va studiato”, ma “si scopre nel cuore e si sperimenta nella vita”. Gigi Proietti, ha detto infine don Insero, aveva una “stima infinita per papa Francesco”. Sentiva questa predilezione per i poveri e per gli ultimi. Affermava che il centro, come dice il Papa, si guarda meglio dalla periferia.

da Vatican News