Covid

«Le mutazioni del virus? Sono normali e il vaccino è pronto a fronteggiarle»

Intervista al virologo Massimo Ciccozzi. «La bella notizia è che i vaccini a Rna possono essere riprogrammati rapidamente per rispondere alle mutazioni con nuove formulazioni»

Tre varianti del Covid 19 ci terrorizzano. Ma quanto muta il coronavirus?
Un virus muta migliaia di volte – risponde Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus biomedico di Roma e autore dell’ebook” Il virus è mutato” (Piemme) – allorquando si replica nell’organismo che lo ospita, ma non tutte le mutazioni si stabilizzano e si diffondono, perché non tutte sono funzionali alla sua sopravvivenza. Ad esempio, la più rilevante dopo l’epidemia di Wuhan è stata la D614G che ha aumentato la contagiosità del ceppo europeo, tra febbraio e marzo 2020.

Quindi, la mutazione è una specie di piano B del coronavirus?
Un virus non è un organismo intelligente: è una molecola che si attiva quando entra in contatto con un essere vivente, lo parassita e inizia a riprodursi. Il meccanismo è stocastico, viene originato dal caso e risponde a regole statistiche, le quali accompagnano quello che può essere definito un percorso evolutivo, ma nel quale non esiste alcun “piano” ma solo la capacità dell’uomo di fermare una cascata di riproduzioni. A noi sembra che il coronavirus voglia sopravvivere, e far sopravvivere la propria specie a detrimento della nostra, ma nella realtà sta semplicemente moltiplicandosi “meccanicamente”. Ecco perché basta mettergli una barriera davanti per fermarlo ed ecco perché, quando incontra una barriera, la maggioranza della sua progenie soccombe, ma un a parte no. È quella quota di virus “mutati”, che discendono da errori genetici, normali in natura e più frequenti in un virus. Queste varianti sfuggono alle misure di distanziamento perché geneticamente hanno qualcosa che le rende più contagiose. Se la mutazione avvenisse in un’altra “area” del virus magari sarebbero più patogenici ossia capaci di produrre effetti più gravi sull’organismo ospite, o addirittura letali.

È vero che la variante inglese è più aggressiva delle altre, come dice il premier Johnson?
Una cosa sono le dichiarazioni, un’altra i dati scientifici, che in questo momento non sono ancora pubblicati, quindi non possiamo dire nulla sulle affermazioni del premier britannico.

Variante inglese, variante sudafricana e variante brasiliana cosa hanno in comune e perchè fanno paura?
Sono tutte sorelle per la mutazione n501y, che hanno subito indipendentemente, cioè è avvenuta in luoghi diversi e contemporaneamente, a riprova che è una mutazione importante, che consente al virus di essere più contagioso e al tempo stesso adattarsi all’uomo. Inoltre, la variante brasiliana e quella sudafricana hanno la mutazione e484k, che sembra in grado di rallentare l’azione degli anticorpi incaricati di neutralizzare la <spike, cioè la proteina virale che aggancia il recettore ACE 2 dell’uomo e permette al virus di entrare nelle nostre cellule. Non a caso, a Manaus, ci sono state tante reinfezioni: siamo di fronte a un escape immunologico, nel senso che la mutazione ha impedito agli anticorpi degli ex malati di Covid 19 di intervenire.

Addio immunità di popolazione…
Esatto. L’unica immunità di popolazione, la cosiddetta immunità di gregge, la assicura il vaccino. Il postulato di Johnson che all’inizio del 2020 profetizzava che bastasse far ammalare molti inglesi per spegnere il virus è smentito da una “banale” mutazione.

Come ci si difende dalle mutazioni?
Monitorandole e, ad esempio, controllando i voli aerei. La variante inglese è arrivata così in Abruzzo.

Possono rendere inefficaci i vaccini?
I produttori dicono di no. Lo stesso Anthony Fauci non lo esclude del tutto. Il meccanismo delle mutazioni è complicato: n501y significa che in posizione 501 l’aminoacido n cambia in y. Gli aminoacidi formano le proteine, come la spike. Se cambiano, cambia la struttura della proteina virale e può nascondersi o rendersi più accessibile il sito della medesima che viene agganciato dall’anticorpo per neutralizzarla. Quando cambiano in due, il vaccino continua a funzionare, quando cambiano in sei diventa tutto più aleatorio. La bella notizia è che i vaccini a Rna possono essere riprogrammati rapidamente per rispondere alle mutazioni con nuove formulazioni.

E chi ha già fatto il vecchio vaccino?
Fa una dose di rinforzo.

In primavera si sperava che, mutando, il virus si spegnesse, come era stato per la Sars. Perchè non è avvenuto?
Perchè il modello, che correttamente era la Sars, era sbagliato. Quel coronavirus mutava la patogenicità, diventando più letale. Ma la letalità non aiuta il virus a diffondersi e a sopravvivere. Un virus più letale, in genere, si spegne perché non riesce a diffondersi nella specie ospite e, per non soccombere, pratica un nuovo salto di specie, cioè passa dall’uomo a un altro animale. Questo coronavirus, al contrario, muta la contagiosità, come fanno altri virus, che diventano endemici, cioè si insediano nelle popolazioni ospiti in modo definitivo, risultando meno offensivi, cioè si adattano alla specie ospite. È ciò che è successo per le influenze stagionali, che peraltro sono virus più complessi di questo. Non abbiamo ancora una risposta definitiva, ma la pressione selettiva che opera l’uomo con le mascherine e le altre misure e il fatto che le mutazioni si concentrino sulle posizioni della contagiosità fa ben sperare.

Un giorno il Covid 19 sarà una banale influenza?
Il vostro lavoro è dare notizie e molti miei colleghi amano commentarle. Il mio è studiare le sequenze del genoma, controllare colonne di 30mila nucleotidi e capire quali cambiano. Quando avremo la prova che è diventato una banale influenza ve lo diremo, ok?

da avvvenire.it