Giugno Antoniano

La voce e il miracolo: inaugurata la mostra al Palazzo Papale di Rieti

Il Giugno Antoniano reatino si arricchisce quest'anno di una particolare mostra allestita in occasione degli ottocentenari che coinvolgono al figura del santo tra il 2020 e il 2022: 1220 la vocazione francescana di Antonio, 1221 il suo naufragio in Italia e il primo incontro con san Francesco, 1222 il suo svelarsi al mondo come grande predicatore

Un sant’Antonio a più dimensioni quello del Giugno Antoniano 2022. E tra le altre cose, lo si vede dalla mostra “La voce e il miracolo”, inaugurata ieri pomeriggio nel Salone di Palazzo Papale alla presenza della curatrice Maria Gloria Riva. Come sottolineato dal vescovo Domenico Pompili, la manifestazione non vede la consumata divisione tra il programma “civile” e quello “religioso”, ma un unico flusso di eventi nel quale la dimensione spirituale è compenetrata da quella sociale, economica – con il riferimento al “Fondo Pane di Sant’Antonio” – e anche ludica. E cercando di soddisfare diverse sensibilità, dove il popolare e devozionale incrociano e si mescolano con esigenze di fede più mature e riflessive.

Lo si vede bene proprio dalla mostra, che attraverso i linguaggi di diversi interpreti esplora la spiritualità antoniana cogliendo l’occasione dagli ottocentenari che coinvolgono al figura del santo tra il 2020 e il 2022: 1220 la vocazione francescana di Antonio, 1221 il suo naufragio in Italia e il primo incontro con san Francesco, 1222 il suo svelarsi al mondo come grande predicatore e santo.

Una sfida raccolta da un gruppo di artisti contemporanei italiani, che si sono confrontati con la vita di Antonio e con la sua iconografia – che nei secoli si è caricata di simboli e significati – cercando l’attualità del suo messaggio e indagando la ragione profonda della sua radicata popolarità. Dipinti, sculture e ceramiche che nel Salone Papale si trovano in dialogo con l’esposizione dei presepi di tutto il mondo allestita per la Valle del Primo Presepe in una compresenza che pare sottolineare il rapporto di paternità spirituale di Francesco verso Antonio e insieme testimonia qualcosa del fecondo rapporto tra Rieti e Padova.

Ovunque nel mondo ci sono cappelle, dipinti e statue dedicate a sant’Antonio e il suo nome identifica chiese, piazze e vie. Ma la discendenza spirituale di Antonio da Francesco, la genesi del suo modo di stare nella Chiesa è un aspetto al quale si dedica troppo poca attenzione, rispetto al quale la mostra segna invece un punto fermo. Basta osservare “Incontro”, la commovente scultura di Niccolò Niccolai sull’incontro tra san Francesco e sant’Antonio al Capitolo delle Stuoie di Assisi nel 1221. Quella del Poverello, ormai in viaggio verso l’eternità, è la “voce” che Antonio raccoglie e diffonde con la sua potente predicazione, ma questo avverrà poi: l’immagine è quella di due uomini radicati alla terra pronti ad alzare insieme lo sguardo verso il cielo.

E che dire dell’iconografia del “Bambino” tanto cara al portoghese? Forse se ne capisce davvero il fascino solo a confronto con l’esperienza francescana del presepe di Greccio.

Questo lo scopo dell’esposizione: pregare, riflettere, ripensare la figura di Antonio, cercando la sua voce non solo nell’agiografia, ma tornando alle cose concrete, e magari cogliendone il riflesso in quella delle persone che hanno ascoltato la sua predicazione, come accade nell’installazione di Paolo Baglioni, o nella natura, come fa Paola Ceccarelli che rilegge la voce del santo nelle onde dell’acqua dove i pesci affiorano per ascoltarlo.

Tra le opere in mostra anche una del pittore reatino Alessandro Melchiorri, che non figura nel Catalogo dell’esposizione, ma consegnando il momento dell’uscita della “macchina” di sant’Antonio dalla chiesa di San Francesco chiude forse il cerchio del ragionamento, mostrando come la “voce” si trasforma in un miracolo di gioia, festa, partecipazione per tutti.