La Schneider e la politica sorpresa

Forse quanto accaduto alla Schneider di Rieti può essere utile a qualcosa. Porta alla luce le contraddizioni in cui si muove la politica. Oggi sono tutti esterrefatti. Tutti si affrettano ad esprimere sdegno e risentimento per quanto sta accadendo. Ma fino ad ora, questi signori dove erano?

Lo sappiamo: le Amministrazioni non hanno grandi poteri sulle multinazionali. Ma almeno la capacità di fiutare l’aria e capire quando i cambiamenti e le crisi si affacciano la dovrebbero avere. Ne hanno certamente gli strumenti. Il dramma della Schneider sarà pure un fulmine a ciel sereno, ma è solamente l’ultima vertenza! La tendenza alle dismissioni e alle delocalizzazioni è sotto gli occhi di tutti ormai da anni. Certi processi di sicuro sono difficili da bloccare, però si possono immaginare alternative per sostenere chi rimane travolto dalle crisi.

La ristrutturazione dell’area ex “Bosi” per destinarla a sede di un polo d’eccellenza dell’elettronica era una buona idea. Il progetto, però, non ha mai trovato reale seguito. La situazione pone qualche dubbio anche in merito al polo della logistica. Se non c’è chi produce, spedisce e acquista merci, a cosa serve?

Forse c’è davvero poca lungimiranza. Altrimenti non si capisce perché non si siano investite per tempo risorse su settori diversi da quello industriale, magari non come sostituto, ma almeno per tamponare.

C’è chi dice che il problema è globale. È vero: chi segue la logica del profitto trasferisce le attività dove può massimizzare i guadagni. Le produzioni sono attratte dai luoghi in cui il lavoro costa meno. I calzaturifici del nord Italia si sono spostati nei Balcani: il costo della manodopera è la metà del nostro. È anche vero, però, che il costo della vita è minore e si pagano pure meno tasse. Se non siamo stati capaci di fare buone previsioni, potremmo almeno prendere atto della realtà.

Volenti o nolenti ci viene chiesto di essere competitivi. Ne siamo capaci? Se ci sono da salvare posti di lavoro il gioco potrebbe valere la candela! Al Governo ci sono i paladini del libero mercato. Se tutto funzionasse a dovere, a stipendi più bassi dovrebbe conseguire un minor costo della vita. Così funziona la legge della domanda e dell’offerta, o no? Se gli stipendi fossero dimezzati i prezzi non dovrebbero adeguarsi?

Sarebbe quasi credibile se non ci fossero dei vizi. Ad esempio la legge del mercato del lavoro si applica ai dipendenti dei privati, ma non nel pubblico. Ci sono occupazioni praticamente immuni dalla concorrenza, e chi c’è dentro non vedrebbe certo di buon occhio la riduzione dello stipendio. Se proprio si ama il mercato si dovrebbero prevenire queste situazioni, adeguando la società ai cambiamenti cui va incontro.

Le famose riforme avrebbero dovuto essere spalmate negli anni. Ma oltre al mercato la politica ama anche il consenso. Così si è trascurata la questione fino ad arrivare a conseguenze irreversibili. Ma dare la colpa ai vari governi non risolve i problemi. Possiamo solo rimboccarci le maniche, senza pregiudizi sulle cose da fare, ma continuando ad interrogarci sulle cause dei problemi.

Diversamente continueremo a chiudere le porte quando i buoi sono scappati.

One thought on “La Schneider e la politica sorpresa”

  1. Marco Giordani

    il dramma della Schneider non credo sia stato un fulmine a ciel sereno se il 21 giugno dell’anno scorso si scriveva: «Nell’incontro – è il commento della RSU Schneider, della Fim Cisl e della Fiom Cgil – è emerso un quadro preoccupante dell’azienda che a fronte della graduale uscita dal mercato del prodotto storico (C60), non è in grado ad oggi di dare alternative produttive con l’inserimento in produzione di nuovi prodotti che possano dare prospettive industriali ed occupazionali allo stabilimento reatino».
    http://www.ilgiornaledirieti.it/leggi_articolo_f2.asp?id_news=24822

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