La gioia anzitutto!

Omelia del Vescovo di Rieti mons. Delio Lucarelli in occasione della festa di Santa Barbara, patrona della diocesi e della città.

Fratelli e sorelle carissimi, distinte Autorità civili e militari!

Vi accolgo con sentimenti di apprezzamento e di stima e vi ringrazio per avere ancora una volta accettato l’invito della comunità cristiana reatina a partecipare ai festeggiamenti in onore della Santa Patrona.

Sull’esempio di Papa Francesco desidero condividere con voi alcune riflessioni sul Vangelo della gioia, per potervi trasmettere la gioia del Vangelo, così come ci invita a fare nella sua Esortazione Apostolica recentemente pubblicata, “Evangelii Gaudium”.

Scrive il Pontefice, con il suo stile diretto e anche umanamente simpatico: «Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Capisco le persone – prosegue il papa – che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie».

Come non vedere in queste parole la gioia della fede dei martiri e di tanti credenti di oggi e di allora?

Mentre riflettevo su questi pensieri mi passavano alla mente alcuni concetti che sono essenziali per una buona vita di fede, di relazione e di realizzazione delle nostre più profonde aspirazioni.

La gioia, appunto, la libertà, la testimonianza, che può giungere fino al supremo sacrificio della vita. Mi sembrano anche gli ingredienti che aveva in sé la giovane martire Barbara e che possono essere perseguiti anche da noi oggi per dare un profondo senso alla nostra vita.

La gioia anzitutto!

Mi sembra che spesso manchi nelle nostre realtà familiari e nei rapporti interpersonali.  Spesso viene confusa con la volgarità, con la sguaiataggine, con l’esagerazione, col mettere in ridicolo gli altri, con abusi di vario genere.

Sono un po’ anche le tendenze dei nostri giovani, che lasciano, però, molto vuoto, molta insoddisfazione. La gioia, per essere autentica, deve nascere da un cuore sereno, da un animo buono, da una profonda carica interiore di chi ha risolto i conflitti con se stesso e in se stesso.

Questo richiede una specifica e seria capacità di autoanalisi, di capire bene chi siamo, cosa siamo chiamati a fare, qual è il nostro posto nel mondo e nella società.

La gioia non può attecchire, o meglio sorgere, in un animo insoddisfatto, da aspirazioni mai appagate, da desideri sempre in crescita.  Nasce dal senso del limite, dalla conoscenza delle proprie effettive possibilità.

Un cuore gioioso è in grado di affrontare le difficoltà, di superare gli ostacoli della vita, di vedere il bene dove il male sembra essere vincente.

La gioia apre il cuore di chi è in grado di pregare con semplicità, per se stesso e per gli altri, di meditare sui grandi perché della vita.

Consente di offrire con generosità il proprio sostegno a chi è nel bisogno, non solo in senso economico, ma anche morale, amicale.

Sembrerebbe facile, sono piccole cose; eppure la mancanza di gioia getta in un profondo senso di insoddisfazione e di angoscia coloro che non sono capaci di viverla.

Santa Barbara fu se stessa fino alla fine, come altri campioni della fede, semplicemente perché seppe vivere intensamente e nella gioia la sua vita e la sua fede.

Se ci facciamo bene caso, buona parte delle nostre situazioni di conflitto in casa, sul lavoro, in politica, in economia, nascono dalla mancanza di gioia.

Alla gioia deve essere affiancata la libertà, intesa come libertà da condizionamenti, da costrizioni, da omologazioni, da finzioni.

Oggi la libertà viene considerata solo come libertà di fare ciò che più ci piace e ci conviene, ma la vera libertà, purtroppo, non è alla portata di chiunque pensi di poter fare ciò che vuole.

Essa può essere rischiosa, umanamente parlando, può non dare risultati immediati di piena realizzazione dei nostri desideri.

Oggi la libertà la vediamo imbrattata e violata, poiché in suo nome si pretende di fare ciò che più si vuole, perfino abusando della propria posizione pur di conseguire vantaggi ingiusti ed immorali.

Mi dispiace dover tornare su questo argomento, come feci lo scorso anno, ma la cronaca locale e nazionale hanno continuato a darci conto di vere o presunte operazioni di latrocinio di molti uomini politici, amministratori e funzionari, di diversi ordini e gradi, ai danni della collettività.

L’uso cattivo della libertà non solo si ritorce contro chi ne è responsabile, ma purtroppo si propaga e danneggia anche il resto della società, che ha il grave dovere morale di ribellarsi con forza.

Santa Barbara in nome della libertà interiore non si è omologata, non si è lasciata ubriacare dalle lusinghe del mondo, dalla prospettiva di una vita facile ma non vera.

Ha detto no quando c’era da dirlo e ha detto sì all’onestà e al bene! Anche oggi non mancano coloro che subiscono ogni genere di affronto perché restano fedeli alla loro libertà, anzi sembrano una moltitudine, a fronte di uno stuolo comunque troppo numeroso di coloro che saccheggiano i cittadini e compiono quasi indisturbati i loro comodi in molti settori.

Chi vive pienamente la libertà e la gioia interiore non riesce a vivere solo per sé. Non può tenersi tutto dentro, deve mostrarlo agli altri, sente l’esigenza di testimoniare al mondo e alla società i valori in cui crede e su cui ha fondato la propria esistenza.

Ecco la testimonianza limpida, disarmante, sconvolgente di Barbara e di tutti gli altri intrepidi testimoni della fede, del suo tempo e di tutti i tempi.

Una fede che non era contrapposta ai grandi valori di umanità e di onestà comunque presenti anche in società non cristiane, ma che è venuta ad arricchirli di un significato più ampio.

Forse dovremmo recuperare i grandi insegnamenti della classicità latina e greca, coniugandoli sapientemente con la novità che ha portato il cristianesimo, perché potrebbero essere un importante sostegno all’educazione dei nostri ragazzi.

Ma anche la base per un vivere civile e sociale degno del nostro tempo, necessario più che mai. Il coraggio, la determinazione, l’abnegazione, la fatica nel conseguire i risultati, la fedeltà alle proprie convinzioni, ma anche l’umiltà di saperle rivedere e correggere, la capacità di fare tesoro dell’esperienza altrui, di attingere alla saggezza dei sapienti, sono valori universali pienamente compatibili con la proposta cristiana.

Come vediamo queste tre caratteristiche della gioia, della libertà e della testimonianza, che furono proprie della nostra Patrona, sono necessarie alla nostra realtà e al nostro tempo.

Necessarie anche alla Chiesa intera e alle giovani generazioni, al punto che non possiamo lasciarle cadere nell’oblio.

Carissimi, se Barbara, come molti altri martiri della fede, avesse scelto la via più comoda, di obbedire al padre, di adeguarsi alla religione ufficiale, di sposare chi le veniva proposto, oggi noi non saremmo qui, dopo mille e settecento anni; sarebbe stata un’anonima e sconosciuta ragazza dell’antichità, non ricordata, né menzionata da nessuno.

Oggi noi ci troviamo a ricordare non solo una persona che visse eroicamente il cristianesimo, ma fu coraggiosa come richiedevano i valori umani dell’antichità.

Non cercò la morte, perché la vita è sacra e inviolabile. Non sprecò la sua vita, ma la offrì, calcolò l’eventualità di morire, ma per una vita che non tramonta.

Il suo martìrio e quello di tanti altri cristiani, di ieri e di oggi, non fu un fanatico suicidio, ma l’offerta della vita, senza costringere nessun altro a seguire lo stesso destino.

Non morì per uccidere altri, ma perché potessero incontrare il volto di Cristo e gioire con Lui.

Il suo esempio può essere di grande supporto ai nostri tentativi di risollevare la nostra società e di rendere più credibile e invitante l’esperienza cristiana.

Lasciamoci provocare dal suo stile e dal suo coraggio, perché questa nostra festa non sia solo un ricordo di archeologia religiosa, ma una sosta che ci consenta di ripartire con slancio e con fiducia, con ottimismo e con determinazione.

Chiediamo al Signore, con preghiere convinte e ripetute, di sostenerci in questo proposito!