Rieti, la città va piano, il futuro è incerto

Rieti città del no e del rinvio. Ora si scopre che ha l’economia inattiva e i laureati faticano immensamente a trovar lavoro. Il dato scaturito dalla recente indagine Istat è l’ulteriore invecchiamento della popolazione. Ogni due over 65 c’è un solo ragazzo sotto i 15 anni. Troppo poco! I nonni sabini hanno una vita più lunga, cosicché la loro pensione resta a disposizione per l’indispensabile sostegno cristiano e generoso di figli e nipoti. Le donne sposano sempre più in ritardo e non procreano e se lo fanno accade in età avanzata limitandosi ad uno.

La ripresa? Non s’è vista e sembra che a Rieti non se ne parli neanche. A dirlo è sempre l’Istituto di Statistica immaginando che lo abbia fatto dopo essersi ripiegato su un malato tanto grave quale la Sabina in sofferenza dal 1994, data dell’abbandono della Texas Instruments e della morte di grandi leader. La diagnosi strumentale non ammette scusanti che potrebbero essere avanzate da colpevoli operatori politici.

L’elettrocardiogramma confezionato dall’Istat al termine dei suoi studi previsionali per il 2016 ha rilevato una provincia definita “inattiva”, terzo grado di una scala che seleziona l’Italia in province attive, in ripresa, inattive e in perdita. In questi giorni una quarantina di operatori economici ha inviato alle autorità una lettera che recita: «Il vero dramma è la nostra inettitudine. Paghiamo il conto di R scelte scellerate, non approfondite, insensate.

In questi ultimi 15 anni, sulle tematiche del lavoro e dello sviluppo economico nel comune di Rieti non ci sono state proposte costruttive tese a progettare un futuro di sviluppo in relazione ai punti di forza e alle opportunità utili per crescere. Osserviamo inoltre che nessuno sembra interrogarsi sulla presenza di tante, troppe attività economiche in settori saturi. Possono per esempio esistere, in una cittadina di scarsi 45.000 abitanti effettivi, 24 supermercati?».

La domanda retorica resta senza risposta. Starsene inattivi significa che non si agisce. Riferito a capitali sta a dire che i soldi che si possiedono non sono fatti fruttare. Ecco perché il tracciato dell’elettrocardiogramma è risultato piatto. Anzi nel frattempo si è aggravato perché la cassa integrazione è aumentata dell’87 per cento nell’ultimo mese e sono giunte notizie disastrose sul fronte della Ritel per 150 cassaintegrati, che protesteranno il 31 maggio a Roma, sotto la sede di Finmeccanica, con poche speranze; e poi Gala– Solsonica, che, causa scarsità di commesse, deve mandare in cassa integrazione altri 31 dipendenti assieme ai 134 che già vi permangono.

Qualcuno grida allarmato che il malato è agonizzante, se non si sperasse in una coraggiosa reazione comune. Dunque sarà davvero così nero il bilancio del 2016? Dicono in molti che bisognerà farlo sapere al presidente Renzi invitandolo a Rieti perché lo costati e magari si ricordi di finanziare la Salaria con i tanti miliardi destinati alle infrastrutture, onorando promesse governative vecchie di mezzo secolo. Come potrebbe essere diversamente, se sul Terminillo non si riescono a spendere i 20 milioni finanziati dalla Regione da oltre dieci anni? Se si manda indietro chi vorrebbe investire, come per la vicenda dell’ex Zuccherificio? Se per la variante di Casette della Rieti–Torano non c’è uno che decida e della Rieti–Terni non si sa quando terminerà dopo 50 anni d’attesa? Se da decenni si continua a girare attorno al McDonald per immettersi su uno dei più importanti viali cittadini, e per uscire da viale Maraini si continua a percorrere la strada degli orti, mentre il viale Matteucci resta interrotto da 40 anni? Se il Conservatorio e il Polo Universitario faticano ad andare avanti per i fondi che mancano? Si continuerà così anche con i milioni dell’acqua del Peschiera? A fatica si riesce a tamponare i trasferimenti di enti. Ma il destino di Rieti è davvero quello di diventare frazione di Viterbo?

Lazio Sette (Rieti) 29 maggio 2016