Irlanda, sì all’aborto. Mons. Leahy: “La storia ci chiede di entrare nell’epoca nuova”

“Alcuni ci guardano ancora come se fossimo la Chiesa del passato. E dicono: tutto crolla. Questo, in parte, potrebbe essere vero. Ma se guardiamo a questo presente con altri occhi, ci accorgiamo che è Dio che ci sta invitando ad entrare in un’altra epoca e ci chiede di guardare in una direzione nuova”. Intervista a monsignor Brendan Leahy, vescovo di Limerick, all’indomani del referendum sull’aborto che ha decretato la vittoria del "sì" con il 66,4%

“Certo che siamo delusi. Perché il voto ha la conseguenza di togliere il diritto alla vita al bambino non ancora nato e questo per noi è motivo di delusione”. Non ci gira attorno e punta dritto verso un sentimento di sconfitta monsignor Brendan Leahy, vescovo di Limerick. Il Sir lo ha raggiunto telefonicamente per sondare l’atmosfera che si respira nelle comunità cattoliche del Paese all’indomani della vittoria del referendum che ha legalizzato in Irlanda l’aborto. Stando ai risultati ufficiali definitivi, il 66,4% degli elettori ha votato a favore dell’abrogazione del divieto costituzionale dell’interruzione volontaria di gravidanza. Il 33,6% ha votato “no” e l’affluenza si è attestata al 64,1%. “Il culmine di una rivoluzione tranquilla”: così lo ha definito il premier irlandese Leo Varadkar, secondo cui questa rivoluzione, nell’Irlanda cattolica, “si è sviluppata negli ultimi 10 o 20 anni”. Condivide questo parere anche mons. Leahy che fa notare come il 75% delle persone che hanno votato, hanno detto di aver fatto la loro scelta ancor prima della campagna referendaria. Cosa significa questo?

“Che dobbiamo avere un altro modo di comunicare e cercare un dialogo continuo anche su questi temi”.

E quindi come ripartire?
Il punto fondamentale della nostra visione è che la vita umana, ogni vita umana, ha un valore. Lo credevamo prima del referendum, lo crediamo anche dopo il referendum. Per cui in questo senso niente cambia, andiamo avanti con questa proposta per la vita. Ma dobbiamo capire meglio anche il desiderio di chi ha votato in favore ed è stato spinto a farlo per un sentimento di compassione verso le donne. Ma questo sentimento appartiene anche a chi ha votato contro. È un punto che ci accomuna tutti. Su questo possiamo andare avanti e capire insieme le vie migliori per aiutare le donne in difficoltà, le coppie in crisi, chi vive situazioni dolorose.

Si ha invece l’idea che il referendum abbia spaccato in due l’Irlanda?
Negli ultimi anni ormai con diversi referendum, c’è il rischio di una certa divisione nella società. E lì dobbiamo stare attenti e puntare alla guarigione delle divisioni.

In fondo siamo una Irlanda, una società, una famiglia sola e dobbiamo continuare a curare i rapporti fra noi anche se abbiamo differenze politiche. Sì, è vero, ci sono e sono anche profonde ma dobbiamo continuare sempre il dialogo.

Si ha l’impressione che il referendum abbia decretato la vittoria di un’Irlanda moderna su un’Irlanda cattolica e conservatrice. Lei come risponde?
C’è un aspetto che dobbiamo approfondire ed è l’aspetto della donna nella società irlandese. Negli ultimi 20 anni sono emerse tante notizie storiche di come venivano trattate le donne nelle istituzioni. Ci sono state nel nostro Paese le famose Magdalene Loundries (istituti femminili che accoglievano le ragazze orfane, o ritenute “immorali”, per via della loro condotta considerata peccaminosa o in contrasto con i pregiudizi della società benpensante. La maggior parte erano gestiti da suore che appartenevano ai vari ordini, per conto della Chiesa cattolica, ndr). Sono emerse storie di donne che dovevano per via della legge irlandese andare all’estero ad abortire, donne che già si trovavano in situazione di crisi e dovevano subire questo isolamento, altra solitudine. In parte la vittoria di questo referendum risponde a questo grido di dolore: non vogliamo più trattare male la donna. Purtroppo la Chiesa viene legata storicamente a questo fatto ed è per noi motivo di grande dolore. Indubbiamente sono stati compiuti degli errori. Ma va anche ammesso che la Chiesa non è stata l’unica a compierli, spesso sono stati gli stessi genitori a rifiutare la ragazza.

Attualmente, però, la Chiesa ne paga il prezzo più alto.

Oltre alle donne, c’è il fattore giovani. Secondo i dati, l’87% dei giovani ha votato per l’aborto. State perdendo i giovani?
Non c’è alcun dubbio su questo. Purtroppo! È una grande crisi. È un dolore forte. Va detto anche che ci sono ancora tanti giovani legati alla Chiesa. La settimana prossima andremo con la diocesi in pellegrinaggio a Lourdes e su 500 partecipanti, 100 sono ragazzi e ragazze. Detto questo, bisogna ammettere che il voto di questo referendum, purtroppo, indica questa crisi e, in parte, da noi è molto legata alle rivelazioni degli scandali del passato.

Da quel momento in poi il mondo giovanile è crollato nella Chiesa.

In questo contesto ad agosto arriverà Francesco. Come potrà il Papa riconquistare l’Irlanda?
Certo, il Papa comunica entusiasmo, misericordia, autenticità e credo che sarà questa sua testimonianza a essere importante per gli irlandesi. C’è una frase di Francesco che colpisce sempre: “Non siamo semplicemente in un’epoca di cambiamento, siamo in un cambiamento di epoca”. Credo che sia questo il punto. Non si tratta tanto di aggiustare questo e quell’altro aspetto della Chiesa. Si tratta piuttosto di capire come configurarci come Chiesa, come comunità di discepoli di Gesù Risorto, che vivono nel mondo di oggi con i valori di oggi che sono l’autonomia, la libertà, la comunità, la compassione. È una sfida che la storia ci indica, o meglio è la storia che ci chiede di entrare nell’epoca nuova. Non ci siamo ancora del tutto entrati, anzi, siamo appena all’inizio. Alcuni ci guardano ancora come se fossimo la Chiesa del passato. E dicono: tutto crolla. Questo, in parte, potrebbe essere vero. Ma se guardiamo a questo presente con altri occhi, ci accorgiamo che è Dio che ci sta invitando ad entrare in un’altra epoca e ci chiede di guardare in una direzione nuova.