Chiesa

I vescovi della Terra dei fuochi: «La Chiesa non sta zitta, non restare indifferenti davanti al male»

Nasce dalla «grande preoccupazione per il continuo degrado della nostra terra» e, in particolare, dai «gravissimi incendi che ci sono stati in questi ultimi mesi proprio nei luoghi che erano stati adibiti alla raccolta, allo stoccaggio e, in qualche modo, già al trattamento dei rifiuti» la Giornata di digiuno e preghiera, promossa oggi, 29 novembre, dai vescovi di Caserta, monsignor Giovanni D’Alise, Acerra, monsignor Antonio Di Donna, Aversa, monsignor Angelo Spinillo, Nola, monsignor Francesco Marino.

Nasce dalla «grande preoccupazione per il continuo degrado della nostra terra» e, in particolare, dai «gravissimi incendi che ci sono stati in questi ultimi mesi proprio nei luoghi che erano stati adibiti alla raccolta, allo stoccaggio e, in qualche modo, già al trattamento dei rifiuti»  la Giornata di digiuno e preghiera, promossa oggi, 29 novembre, dai vescovi di Caserta, monsignor Giovanni D’Alise, Acerra, monsignor Antonio Di Donna, Aversa, monsignor Angelo Spinillo, Nola, monsignor Francesco Marino.

Rammaricati che “la nostra terra, da sempre identificata come l’antica, splendida ‘Campania felix’, sia stata, ora, indicata come ‘terra dei fuochi’, i presuli, «di fronte a tante gravi forme di inquinamento e di maltrattamento della ‘nostra madre terra’, come diceva S. Francesco d’Assisi», avvertono «un terribile senso di impotenza, di incapacità a fermare la mano di chi inquina o incendia rifiuti. C’è il forte rischio che davanti al male, che agisce nelle tenebre, si rimanga indifferenti, abituati, rassegnati».

Di qui la proposta di una giornata di digiuno e di preghiera, di penitenza e di ascolto della Parola di Dio, come «atto di conversione, di riparazione per i peccati commessi contro la bellezza e la bontà della natura che Dio ci ha donato».

«L’idea di una giornata di digiuno e preghiera è nata perché è importante che la Chiesa non stia zitta sulle calamità che accadono alla nostra gente. Le persone devono riflettere sulla bontà della Creazione che però può rivoltarsi contro di noi», osserva monsignor Giovanni D’Alise, vescovo di Caserta.

«Questi ultimi incendi ci hanno fatto preoccupare, molto – ammette -. Sono andati a bruciare i rifiuti non di nascosto, ma nei luoghi, protetti, dove sono accumulati per il riciclo o la distruzione. Le quattro diocesi che sono il cuore di questo problema e che hanno assistito anche, nel passato, alla scoperta di cumuli di rifiuti tossici nascosti sotto terra si sono, dunque, poste il problema di come affrontare la questione, come informare i nostri fedeli”. “Noi vescovi di queste quattro diocesi – prosegue – siamo e dobbiamo essere in qualche modo anche delle sentinelle del territorio che ci è stato assegnato dal Signore e lo facciamo con i nostri mezzi: la preghiera, il digiuno, l’impegno a invocare l’intervento del Signore. Il Signore può darci questo spiraglio per aiutare anche le nostre istituzioni».

Monsignor D’Alise evidenzia: «Ci fanno soffrire il moltiplicarsi dei tumori, le difficoltà delle persone. Un vescovo non può solo pregare ma deve anche far venire fuori le situazioni e sollecitare perché vengano affrontate, dando anche una mano se possibile».

Nei mesi scorsi, ricorda, «in un incontro regionale ad Acerra con le Istituzioni abbiamo già offerto il nostro aiuto, suggerito interventi, ma non abbiamo avuto risposte. L’incontro del Governo tenutosi a Caserta è stato un incontro positivo, pieno di buone intenzioni, ma aspettiamo che ci siano le risposte concrete per le persone. Non vorremmo che sia stato solo per propaganda».

«La Giornata di preghiera e digiuno è in continuità con l’impegno delle Chiese campane intorno alla questione della custodia del Creato, che adesso riceve una maggiore recrudescenza in questi ultimi mesi per la nuova tendenza di bruciare i siti di stoccaggio ufficiali, non discariche abusive – sottolinea monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra -. Di fronte a questi roghi tossici ci chiediamo come mai non c’è mai stato un sistema di sorveglianza, trattandosi per l’appunto di siti ufficiali, tenuti da aziende in regola, e ci è sembrato opportuno alzare la nostra voce anche per non far calare i riflettori sulla nostra situazione perché il rischio forte è la rassegnazione. Il nostro invito è a non lasciarsi mai andare».

«Spero che la Giornata – l’auspicio del vescovo – sia solo l’inizio di un cammino comune delle quattro diocesi. Noi quattro vescovi abbiamo già in programma incontri periodici per monitorare la situazione».

Per la Giornata di oggi, chiarisce Di Donna, «abbiamo usato le armi che la Chiesa ha: la preghiera e il digiuno come fatto penitenziale. Sembrano armi deboli, ma sappiamo quanto possono la preghiera e il digiuno per convertire i cuori di questi sciagurati che insistono nell’inquinare la nostra terra. Da luglio scorso sono già cinque o sei i siti di stoccaggio incendiati con roghi che producono diossina».

La Giornata, aggiunge, «vuol essere anche un appello alle istituzioni perché facciano più in fretta. Speriamo che si riprendano anche le vecchie battaglie e si facciano le bonifiche, che rimangono ancora un miraggio. Poi bisogna riprendere in mano il registro dei tumori: qui si continua a morire. La Chiesa non agisce come un agente sociale in questo campo, ma perché ha compassione di chi soffre. Solo la settimana scorsa ho celebrato il funerale di Alessia, di 11 anni. Nella mia diocesi sto pensando a un libro bianco per conservare la memoria di tutto ciò e di istituire una Giornata diocesana per le vittime innocenti dell’inquinamento ambientale. Non dimentichiamoci che non esiste una Terra dei fuochi, esistono le Terre dei fuochi».

«Speriamo di ottenere una sorta di mobilitazione delle coscienze, per accrescere la sensibilità della nostra gente che digiunerà come segno di una maggiore attenzione rispetto a ciò che il Signore ci chiede nei confronti della natura. Ci auguriamo anche che la nostra iniziativa possa rappresentare una voce che ripropone la questione ambientale all’intera società», afferma monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa.

«L’iniziativa comune – continua – nasce dalla collaborazione e dal dialogo tra le diocesi che più soffrono per il problema dei roghi, che è stato vissuto intensamente dalle nostre quattro comunità».

Grande è l’impegno della Chiesa: «Un impegno vissuto sempre stando a fianco della gente, a contatto con la sofferenza delle persone: da ciò nasce l’attenzione che cerchiamo di dare al tema».

«La Terra ci è stata donata perché la custodissimo. La tentazione quotidiana che viviamo e che purtroppo assecondiamo è quella di comportarci da sfruttatori», denuncia monsignor Francesco Marino, vescovo di Nola.

«Fermarci, rinunciare a ciò che la terra ci dona e pregare non vuole essere un gesto di arrendevolezza davanti ai danni fatti, al degrado prodotto – precisa il presule -. Vuole invece essere l’affermazione di una possibilità di inversione di rotta, di cambiamento di cuore: nella preghiera incontriamo il volto del Signore, ci riconosciamo fatti a sua immagine, troviamo la forza per riprendere il cammino da custodi e difensori del territorio».

«La preghiera solo può restituirci uno sguardo libero dall’abitudine alla bruttura e desideroso di vedere rimarginate le ferite provocate al creato. Nella preghiera – conclude – facciamo parlare la Parola e troviamo le parole per annunciare e fare il bene».

Dal Sir