Fiorenza: ci vuole di più di una “utopia discreta”

Per carità, sognare è legittimo. Perfino giusto, anzi doveroso, per una politica che per troppo tempo ha fatto della “dittatura del presente” la sua unica cifra, pensando così di sostituire alle morenti ideologie la concretezza dell’impegno nella quotidianità.

Con il risultato che i problemi, la politica, non li ha mica risolti, semmai ne ha creati di nuovi, finendo per togliere alle giovani generazioni (giovani in senso lato) qualsiasi prospettiva, e persino la possibilità di immaginare il futuro. E se non sogni, un futuro non ce lo avrai mai. E questo vale anche per l’Amministrazione, il tipo di attività politica che per definizione più ti avvicina alle questioni del quotidiano. Perché, cos’è porsi l’obiettivo di migliorare la propria città se non un sogno?

Però, ecco, forse più prosaicamente – ma non meno “rivoluzionariamente”, visti i tempi – i lavoratori che ieri hanno attraversato le vie del centro, e le associazioni e gli ordini professionali che hanno lanciato sui media un accorato appello alle istituzioni, si aspettano dai propri amministratori qualcosa di più di un’utopia (“discreta”, vivaddio! Ma se proprio devi sognare, fallo in grande).

Attenzione, di più, e non di meno. Perché mettersi giù ad affrontare nel concreto i problemi, e farlo sul serio, non è una diminutio, ma vuol dire cominciare a realizzare davvero quella comunità migliore che in campagna elettorale ci siamo impegnati a costruire. Per esempio: smettere di annunciarlo, ma far partire sul serio le opere già finanziate, come l’Alberghiero o la Rieti – Torano, perché utili alla città ed in grado di portare su questo territorio investimenti e lavoro (e nel caso di specie parliamo, sempre prosaicamente, di complessivi 33 milioni di euro circa).

Ed anche: far partire e promuovere, per esempio, politiche a favore del “piano casa”, strumento già in vigore da tempo per piccoli interventi di edilizia privata; completare l’attuazione del Vecchio PRG attraverso lo sblocco delle convezioni di attuazione già stipulate; rendere accessibili, comprensibili e consultabili (do you remeber “comune casa di vetro”? Ecco, significa anche fare questo) le tavole del Nuovo PRG aggiornate e riviste con le osservazioni accolte e con quant’altro sia intervenuto a regolare l’edificazione, così che si possano dare indirizzi certi a coloro i quali intendono accedere agli strumenti di semplificazione delle procedure autorizzatorie. Accelerare e semplificare le procedure, insomma: sburocratizzare. Dobbiamo ammetterlo, su questo piano abbiamo fatto poco.

E infine mettere a regime, finalmente, quegli strumenti di partecipazione, come l’Urban Center, che consentono la condivisione ed il coinvolgimento degli attori sociali nelle scelte strategiche dell’amministrazione. Insomma, di mettere in pratica quella “partecipazione” dei cittadini che, se attuata davvero, può persino portare a mettere in discussione (orribili dictu!) le idee degli amministratori su cosa sia meglio per la città.

Poi, certo, ci sarà sempre qualche sepolcro imbiancato che, piuttosto che riconoscere i propri fallimenti e magari avanzare qualche proposta, rimedia un titolo sui giornali raccogliendo firme con cui chiedere le dimissioni del Sindaco. Ma ognuno impiega il proprio tempo libero come ritiene. Noi, invece, dobbiamo dare risposte concrete.

Che non sarà poi così “easy”, ma magari permetterà, anche al lavoratore in cassa integrazione o già licenziato per la crisi del settore edile, al piccolo costruttore che tra tasse, burocrazia e crisi economica non riesce a pagare i contributi ai dipendenti, al giovane precario, al tecnico che lavora poco o niente perché “è tutto bloccato”, di pensare che Rieti, wow, è come il resto del mondo.