Proseguiamo la nostra piccola indagine sulla “ripresa” chiedendo un parere a Fabio Spaccini, artigiano impiantista, ma anche persona molto attiva nell’associazionismo e nel volontariato come presidente del Consorzio Storico Culturale Reate Antiqua Civitas e Governatore della Confraternita di Misericordia di Rieti.
Fabio, l’Italia si sta riprendendo?
Mah, io non credo…
Eppure tutti dicono che siamo in risalita, con il governatore della BCE Draghi che sta pompando liquidità nell’economia…
Beh, probabilmente Draghi ha un punto di vista diverso dal mio. Del resto io non frequento le stanze dei bottoni come lui non frequenta la strada. Basterebbe facesse un giro con me, nelle case delle famiglie che ogni giorno incontro per il mio lavoro di impiantista o per l’opera di volontariato che presto con i miei confratelli della Misericordia, per vedere lo stato di disagio economico, di prostrazione morale, di solitudine delle persone. Se questa è una società in ripresa…
Eppure si parla di 150 miliardi di euro…
Penso che siano diverse le ragioni per le quali viene fatta questa importante immissione di denaro sul mercato dalle ragioni profonde della crisi. Non credo sia questa la soluzione. Non credo che le famiglie, i contribuenti i lavoratori autonomi – fammi spezzare una lancia a favore della mia categoria – trarranno vantaggi. Da queste operazioni non abbiamo nulla da sperare.
È un giudizio piuttosto duro. Allora perché ci si sta muovendo in quella direzione?
Ho il sospetto che serva per gestire quella che a breve si presenterà come una emergenza sociale importante, che potrebbe dare problemi di ordine pubblico. Forse qualcuno ha capito di aver tirato troppo la corda, di aver esasperato troppo gli animi. Questa operazione probabilmente serve per dare a chi ha già qualcosina in più e per dare a chi ha di meno l’illusione di poter avere qualcosa in più. Ma la contropartita di questa immissione di denaro è una visibile perdita di diritti. Si affievoliscono i presidi democratici conquistati con grande fatica dal dopoguerra in avanti. Assistiamo ogni giorno a un vero e proprio sterminio di diritti, garanzie… basterebbe leggere il senso e la forma della riforma costituzionale messa in piedi dalla nostra bellissima ministra Maria Elena Boschi.
Detto così sembra aprirsi uno scenario sostanzialmente devastante, mascherato dietro a un po’ di marketing politico…
Io la vedo così. Credo che tutto il Renzismo sia tutta una operazione di marketing. Qualcosa che serva a disilludere le giovani generazioni rispetto ad una qualunque possibilità di futuro. Una possibilità già preclusa da molti anni. A meno che i ragazzi di oggi non avranno voglia di rimpadronirsene. Ma è un processo faticoso. Non bastano i quantitave easing e i Draghi per rimettere in piedi un problema che viene generato da una crisi culturale profonda. Non c’è più cultura del lavoro, non c’è più cultura dell’impresa. È difficile solo con una iniezione di liquidità, per quanto importante, risolvere un problema che si trascina da anni anche se esplode solo oggi.
Le ragioni sono più profonde?
Sì, e vengono da scelte politiche precise che sono state fatte mentre noi ancora ci crogiolavamo nell’idea che vivessimo in una società del benessere.
Dobbiamo augurarci una sorta di ritorno al ‘68?
Ma no, rivoluzioni e piazze non sono lo strumento. Io non mi faccio illusioni perché troppe volte mi sono ferito nell’illudermi, ma sarebbe ora di smetterla di giocare alla rivolta. Bisognerebbe rimettersi a studiare sul serio. Cercare di capire dove stanno i problemi, cercare di capire che cosa avevamo a disposizione anche dal punto di vista normativo per far valere i nostri diritti di lavoratori, madri, studenti, eccetera. Questo passaggio l’abbiamo dato per scontato e ora cerchiamo di difendere quel poco che ci è rimasto dal punto di vista economico non capendo che è impossibile: perché ci è stato tolto tutto quel retroterra normativo che servirebbe a levare gli scudi in un momento come questo. Oggi per venirne fuori dobbiamo fare due passaggi. Prima di andare a cercare garanzie sul lavoro dovremmo ristabilire quel piano normativo che ci permetterebbe di ritrovare i presupposti di un piano occupazionale, retributivo, pensionistico, di trattamento sanitario. Tutte dimensioni impossibili senza ripristinare i capisaldi dello Stato Sociale europeo ed italiano che sono serviti a farci vivere dignitosamente tutti fino al momento in cui li abbiamo dati per scontati.
Come è potuto accadere?
Attraverso le armi sottili di linguaggi nuovi, pensati per distrarre, per dire tutto e niente, facendo passare messaggi che hanno dato l’idea che vivendo facilmente potevamo vivere felicemente. Adesso abbiamo scoperto che non è così.
Come ne usciamo?
Dobbiamo tornare a modelli educativi più difficili, in senso letterale. Serve per dare ai ragazzi la consapevolezza della sfida che hanno davanti. C’è da togliere una intera generazione da questa illusione e farla pensare seriamente al futuro. Dobbiamo lasciare perdere i discorsi individuali e fare un discorso come società. Dobbiamo andare a vedere dov’è che abbiamo sostanzialmente fallito. Non è mettendo 50 o 80 euro in più in tasca alle persone si recupera la situazione degenerata evidente in tantissime case della nostra città.