Da qualche tempo si susseguono quasi ad un ritmo vertiginoso i successi in campo nazionale della classe dirigente reatina. Alcuni sono nelle stanze dei bottoni già da qualche tempo. Altri si affacciano per la prima volta nelle rispettive sale di comando. Vantiamo presidenti, segretari e ingressi nei gruppi dirigenti nazionali in fatto di industria, partiti di prima e seconda grandezza, sindacati e grandi enti pubblici.
Insomma: non è affatto vero che Rieti non conta nulla, che siamo alla periferia delle situazioni che contano. C’è addirittura chi sta accarezzando il sogno del Parlamento Europeo.
Ma di fronte a questi importanti successi individuali, dei quali andiamo tutti giustamente orgogliosi, perché la città continua ad arretrare? Saranno mica stati chiamati a fare i curatori fallimentari?
Una cosa è l’avanzamento di singoli ben conficcati in qualche struttura di potere e un’altra la possibilità per la città di ritrarsi dal burrone su cui è affacciata, purtroppo. Un’altra fabbrica oggi è stata chiusa, i paperi hanno fatto il nido tra l’immondizia, il sindaco di Antrodoco ha tagliato gli alberi della piazza perché facevano ombra ai lampioni: ecco Rieti oggi. I concittadini dirigenti forse sono stati chiamati per le esequie.