Dolcetto è la risposta!

Anche questa volta abbiamo attraversato indenni la notte più spaventosa dell’anno. Non quella dopo una cena pesante o prima di un esame. Ci riferiamo a Halloween ovviamente. Adesso che è tutto finito, vogliamo proporre il nostro punto di vista su alcuni degli aspetti che caratterizzano questa festività e il mondo che le gira intorno.

Iniziamo dall’amletico dilemma che i terrorizzanti ragazzini pongono al malcapitato di turno. “Dolcetto o scherzetto?” è il simbolo più riconoscibile della paurosa serata. La prima alternativa si risolve in una manciata di cioccolato e caramelle, che non avranno altro effetto che quello di avvicinare la prossima visita dal dentista. La seconda prevede un tentativo di far pentire i troppo parsimoniosi vicini, ma ormai tutti sanno che la risposta esatta è l’altra.

I costumi trasmettono il lato comico e a volte ridicolo della ricorrenza. Dagli immancabili fantasmi-lenzuolo alle streghe più elaborate e poi vampiri, diavoletti, zombi e altri classici. Per ognuno c’è anche la versione sexy che ben si adatta ad abiti di per sé già trasandati o attillati. Sorprendenti sono poi quelli ispirati a personaggi cinematografici e perfino cartoni animati come l’orco Shrek o il pesciolino Nemo.

I personaggi a cui fanno riferimento questi travestimenti sono influenzati, e influenzano a loro volta, dall’immaginario popolare del terrore. Un esempio famosissimo è quello dei vampiri, che nella loro versione “romantica” hanno colonizzato libri e film di successo, fino a rendere simpatici quelli che erano fino a poco tempo fa spietati succhiasangue. Stessa sorte quella dei teschi che, invadendo abiti e accessori di ogni genere, ribaltano totalmente la loro simbologia per cui da tabù si trasformano in immagine familiare se non addirittura tenera.

Gli stessi protagonisti sono habitué dei film dell’orrore, ai quali Halloween ha dato molto materiale. Prima fra tutti la più che trentennale saga omonima, che vanta la bellezza di dieci film tra sequel e prequel, con il solito psicopatico mascherato di turno.

Tradizionalmente la serata è animata da feste, con addosso i costumi di cui sopra, che ripropongono la formula sempre valida di musica, alcolici e assenza di genitori con le varianti di addobbi macabri e scherzi a tema, dimostrando che tutte le scuse sono valide per organizzare occasioni di svago e divertimento. Non escludendo peraltro la possibilità di annoiarsi, vero spauracchio di tali eventi.

La lunga durata delle feste è permessa dalla solennità di Tutti i Santi immediatamente successiva. E la confusione di sacro e profano che viene a crearsi è una delle ragioni del fascino irresistibile che la ricorrenza esercita sulla società contemporanea.

Come tutte le altre festività anche Halloween si presta a un imbarazzante sfruttamento commerciale che oltre alle cose già menzionate riguarda anche i gadget, la moda, la cucina e tutto ciò su cui l’economia di mercato può mettere le mani. Secondo noi, invece, potrebbe essere un’ulteriore opportunità di gioco e socialità se solo avessimo un approccio più consapevole, dando alle cose il peso che meritano, senza degenerare in una vuota corsa al conformismo.

Un discorso a parte andrebbe fatto su come viene affrontato, e forse banalizzato, l’argomento della morte in questo genere di fenomeni pubblici e mediatici. L’avversione che questi generano in molte persone ne è la prova più evidente. Considerando anche che due giorni dopo c’è la celebrazione di Tutti i Morti, dove molti degli stessi simboli assumono tutt’altro significato, in quella che il Poeta definiva “corrispondenza d’amorosi sensi”.

Per tutti questi motivi pensiamo che si deve ridere a Halloween ma soprattutto ridere di Halloween. Quindi, con la pancia piena di cioccolato e schifezze, facciamoci pure coinvolgere da questo mondo ma con distacco, perche non sempre si può sdrammatizzare o esorcizzare la paura, andrebbe guardata anche privandola di maschere infondo rassicuranti.

di Caterina D’Ippoliti e Samuele Paolucci