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Deindustrializzazione in provincia: il caso di Rieti sotto la lente di Confartigianato Imprese

Un'analisi dettagliata condotta dall'Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Rieti rivela un preoccupante declino industriale nella provincia, evidenziando sfide e opportunità per il futuro economico locale

 

Il lavoro svolto dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Rieti prende spunto da una indagine condotta dai colleghi di Confartigianato – CGIA di Mestre, sempre molto attenti alle dinamiche economiche del nostro Paese.

Il focus sulla provincia di Rieti, calibrato sulla realtà regionale, ci mostra un quadro desolante della realtà economico/industriale reatina. La 102esima posizione è lo specchio di una involuzione iniziata dagli anni 80/90 quando sono entrate in crisi e poi chiuso i battenti le industrie che avevano fatto crescere il nucleo industriale Rieti – Cittaducale. Il periodo preso in esame, 2007 – 2021, non fa che confermare una deindustrializzazione che ci pone ai livelli più bassi di tutta l’Italia.

È vero che siamo passati dal 104 posto al 102esimo su 107 province, ma con tutto il rispetto stiamo parlando di realtà che non hanno mai ambìto a definirsi “industriali”.

In Italia il settore dell’industria pesa sul PIL circa il 21%, in contrapposizione al 2% in capo all’agricoltura, del 5% al settore delle costruzioni e del 72% a quello dei servizi.

Negli ultimi 15 anni, dal 2007 al 2022, la nostra industria ha visto un crollo importante di circa l’8,4%, attestandosi in Europa in penultima posizione, con sotto solamente la Grecia, che registra il risultato peggiore in UE. Le cause principali ascrivibili a questo risultato sono molteplici, a partire dalla recessione degli anni 2008/2009 alla crisi economica, dalla pandemia alle guerre: ciascun fenomeno ha contributo in maniera irreversibile a cambiare il volto dell’economia nazionale.

Ancora più evidente è la differenza fra Nord e Sud Italia, poiché, sebbene solamente la Basilicata sia in testa alla classifica delle regioni più fruttuose per la presenza di aziende del settore estrattivo, incrementato di circa il 125%, le altre regioni del Mezzogiorno soffrono una contrazione negativa importante. D’altro canto, al Nord Italia il risultato è più che soddisfacente: basti pensare che Milano, con 28,2 miliardi di euro di valore aggiunto nominale nel 2021, rimane la provincia più “manifatturiera” del Paese.

Passando a un’analisi provinciale, tra le prime 10 città più industrializzate, ben 7 si trovano lungo l’autostrada A4. Da qui si evince che le infrastrutture, in particolar modo le autostrade e superstrade, risultano essere fondamentali per il settore dell’industria. A riprova di questo, si nota che in Sardegna, soprattutto a Sassari, Oristano, Cagliari e Nuoro, si registra una perdita di valore aggiunto che le fa collocare fra le ultime posizioni in classifica.

Anche la situazione nel Centro Italia sembra non essere migliorata, anzi, il valore aggiunto dell’industria è crollato del 14,2%. Nel Lazio, in particolar modo, dal 2007 al 2022, il valore assoluto in milioni di euro reali ha subito una variazione negativa del -19,8%, e in termini monetari si è passati da 19.786 a 15.874, riportando dunque una perdita di ben 3.912 milioni di euro.

Solamente Roma, tra le province laziali, riporta un risultato migliore, aggiudicandosi il quarto posto in classifica.

Rieti invece si attesta solamente alla 102esima posizione, tra le 107 province italiane. È un risultato scoraggiante, sebbene dal 2007 al 2022 la provincia di Rieti abbia guadagnato ben 2 posizioni, con un incremento della variazione percentuale del 22,5%, passando da 279 a 341,7 milioni di euro nominali, e quindi guadagnando in definitiva 62,7 milioni di euro.

PROVINCE 2007 2021 VAR. % 2021/2007 INC. % SU TOTALE ITALIA (2021) POSIZIONI GUADAGNATE (+) O PERSE (-)
Roma 11.345,6 12.104,1 +6,7 3,59
Latina 2.204,9 2.551,0 +15,7 0,76 -1
Frosinone 2.192,2 2.154,0 -1,7 0,64 -4
Viterbo 838,1 651,1 -22,3 0,19 -5
Rieti 279,0 341,7 +22,5 0,10 +2

Elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Rieti su dati raccolti dalla CGIA di Mestre

Questa è la tabella che rappresenta il valore aggiunto dell’industria divisa per province relative alla regione Lazio. Partendo dai dati, si evince come la capitale riporti una incidenza percentuale sul totale dell’Italia nel 2021 nettamente superiore al resto delle province. Proprio per questo motivo risulta, nella classifica delle province italiane, in quarta posizione, dopo Milano in testa, seguita da Torino e Brescia. Per quanto riguarda le altre province laziali invece, a livello nazionale, si nota che Latina si attesta in 43esima posizione, seguita da Frosinone alla 47esima posizione, mentre il risultato peggiore se lo aggiudicano Viterbo in 89esima posizione e Rieti in 102esima.

Un risultato chiaro e scoraggiante per la nostra provincia, che, nonostante il pessimo risultato in tabella tra le totali 107 province italiane, riporta una variazione percentuale nell’arco di quasi 15 anni, dal 2007 al 2021, più che positiva, del +22,5%. Infatti, come si può ben notare, le posizioni guadagnate rispetto al 2007 sono ben 2, passando da un valore di 279,0 milioni di euro (nominali) nel 2007 a 341,7 milioni nel 2021, con un surplus quindi di ben 62,7 milioni.

Sulla base di questi dati, ci si chiede in concreto quali siano effettivamente le industrie che abbiano dato in questi anni un contributo allo sviluppo economico della provincia di Rieti, anche se è indubbio che per parlare di una vera e propria crescita ci sia ancora molta strada da percorrere.

Non si possono non nominare le aziende che, nel nostro nucleo industriale, a seguito di fallimenti, chiusure, difficoltà economiche e crisi, hanno continuato a lavorare dando un contributo concreto alla crescita economica in provincia e portando lustro alla nostra città. Prima fra tutti Takeda, azienda nata in Giappone, che si occupa della produzione di farmaci plasmaderivati.

Il settore dei prodotti farmaceutici infatti risulta essere, in generale, insieme a quello dei macchinari e degli alimentari, uno dei settori più redditizi per l’industria italiana, riportando una variazione con segno più di +34,4%.

Mettere a punto una politica industriale di lungo periodo è necessario, per non dire indispensabile, al fine di risollevare quei settori martoriati negli ultimi anni, come la raffinazione del petrolio, il settore del legno e della carta, la chimica, le apparecchiature elettriche, l’energia elettrica e il gas, i mobili e la metallurgia.

È bene porre attenzione anche e soprattutto al credito, poiché le difficoltà di accesso ai prestiti bancari stanno diventando un serio problema per tante Pmi.

“Quello che emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Rieti dovrebbe far riflettere e preoccupare tutti coloro che hanno a cuore la nostra provincia – dice Maurizio Aluffi, direttore dell’Associazione -. Non siamo una realtà industriale, commerciale, agricola, né tantomeno a vocazione artigianale o commerciale. Verrebbe da domandarsi chi siamo e cosa diventeremo! Magra consolazione – conclude il direttore Aluffi – l’essere migliorati di un paio di posizioni visto che comunque occupare la 102esima posizione non può certo essere un vanto considerando anche le province che ci seguono. Il tema “prospettive” è sempre più attuale per capire come finirà Rieti”.