Cristoforo Colombo sfrattato dalla eroina del Sudamerica

La presidente argentina Cristina Kirchner ha deciso di rimuovere la colossale statua dai dintorni della sede del Governo per sostituirla con quella di Juana Azurduy de Padilla, eroina sudamericana dell’epoca dell’indipendenza boliviana e argentina. Un omaggio dal sapore ideologico ai “popoli originari” anche sotto la pressione del presidente boliviano Evo Morales.

Dopo l’accordo concluso tra il Governo centrale e il governatore della città di Buenos Aires riguardo al destino del monumento dedicato a Cristoforo Colombo, donato nel 1910 dalla comunità italiana residente a Buenos Aires, restano ormai da decidere soltanto due cose: stabilire il giorno in cui la colossale statua, opera dello scultore fiorentino Arnaldo Zocchi, sarà trasferita dalla piazza alle spalle della “Casa Rosada” alla zona dell’aeroporto cittadino “Jorge Newbery”; e definire verso quale punto cardinale dovrà rivolgere lo sguardo Colombo, che finora punta a Est. Volendo rispettare la volontà della comunità italiana che nel 1921 scelse l’oriente proprio per ricordare l’orizzonte e le rotte solcate dallo scopritore dell’America, Colombo dovrebbe tornare a puntare a Est verso l’immenso Rio de la Plata, come fa peraltro l’altra statua di Colombo che esiste a Buenos Aires, realizzata dallo scultore Ugo Attardi. “L’importante è che non punti a Nord”, scherza qualche oppositore del Governo, perché questo infastidirebbe l’amministrazione kirchnerista che considera nemici e “di destra” quanti guardano troppo a Nord.

Tutto è iniziato nel marzo del 2013.

Al di là del modo in cui la vicenda del trasferimento del monumento si concluderà, ricordiamo che la storia è iniziata a marzo dello scorso anno, quando è stata annunciata la decisione della presidente argentina Cristina Kirchner di rimuovere l’installazione dai dintorni della sede del Governo per sostituirla con la statua di Juana Azurduy de Padilla, eroina sudamericana dell’epoca dell’indipendenza boliviana e argentina. Le reazioni sono state decise, non soltanto in seno alla comunità italiana di Buenos Aires: non possono ragionevolmente essere attribuite a Colombo, infatti, le malefatte della Conquista spagnola d’America. Tuttavia, il Governo della presidente Kirchner, condizionato da un approccio politico “nazionale e popolare” che intende valorizzare i “popoli originari”, è risoluto nella decisione e indifferente agli appelli delle associazioni italiane, dell’organizzazione in difesa del patrimonio architettonico “Basta de demoler” e dello stesso governo municipale che ha tentato inutilmente di far valere il diritto a decidere sui monumenti nella giurisdizione della città. La Legislatura della città aveva dovuto approvare d’urgenza lo scorso anno una legge che dichiarava esplicitamente il monumento a Colombo “bene integrante del patrimonio storico e culturale” della città di Buenos Aires. La comunità italiana, allo stesso tempo, aveva organizzato un “abbraccio simbolico al monumento” senza ottenere risultati. Finché, il 31 maggio 2013, a richiesta di “Basta de Demoler” è stata varata una misura giudiziaria che prevede il divieto di rimuovere il monumento. A questo punto il Governo nazionale si è visto obbligato a negoziare e il 5 giugno di quest’anno è stato firmato un accordo in base al quale si assume le spese del trasferimento, del restauro e della nuova installazione mentre la città è tenuta alla manutenzione e alla custodia. La statua di “Doña Juana” Azurduy, finanziata dal Governo della Bolivia che ha donato oltre un milione di dollari per la realizzazione, avrebbe dovuto essere inaugurata lo scorso 12 luglio, giorno della “Confraternidad Argentino-Boliviana”, ma al posto dell’agguerrita Azurduy resta ancora Cristoforo Colombo, smontato e in attesa dell’ultimo viaggio.

L’assalto di Evo Morales.

Negli ultimi giorni, il presidente boliviano Evo Morales ha rilasciato dichiarazioni in cui si lamenta del fatto che alcune piazze delle citta boliviane portino ancora il nome di Colombo. “In alcune città abbiamo Piazza Colombo. Come mai? Colombo è stato un invasore, un saccheggiatore…”, ha affermato nel corso di una cerimonia con gli indigeni della regione amazonica di Berni, vicino al Brasile. Basti ricordare che un mese fa l’orologio del Parlamento della Bolivia è dovuto essere adattato affinché le lancette corressero al rovescio. “Secondo i popoli originari, gli orologi devono girare a sinistra”, ha spiegato il ministro degli esteri boliviano, David Choquehuanca. In affanno per recuperare la cosiddetta “identità nazionale”, alcuni Governi sembrano percorrere un cammino rischioso, propugnando una lettura della Storia non sempre condivisa dai governati. La domanda dovrebbe essere: crediamo di rappresentare in forma genuina i popoli originari cambiando i nomi degli spazi pubblici, rimuovendo monumenti o facendo girare le lancette dell’orologio in senso contrario? Quanto accade sembra piuttosto un fenomeno dialettico e ideologico, che difficilmente serve all’integrazione dei popoli originari.

La rivincita del genovese.

Paradossalmente, in questi giorni, uno dei libri più in vista nelle librerie di Buenos Aires è una biografia di Colombo, scritta dal francese Patrick Girard, che gli argentini non smettono di sfogliare. Nell’ultima lettera trascritta nel volume, il geniale navigatore e cartografo genovese – senza credere ancora di aver scoperto “nuovi mondi” – confessa alla Regina Isabel La Cattolica che è sicuro di poter arrivare all’isola di Cipango e trovare il suo mitico tesoro, per aiutarla con quei fondi a liberare il Santo Sepolcro. Difficile tacciare di “invasore” e “saccheggiatore” il navigatore che voleva liberare il Santo Sepolcro. E invece…