Chiesa di Rieti

Con Maria uomini di speranza

Prima festa dell'Assunta a Terminillo per il vescovo Vito Piccinonna: l'invito a vivere la dimensione pasquale della vita guardando a colei che fu la prima dei risorti dal suo Figlio

Prima volta “ufficiale” a Terminillo, per monsignor Vito Piccinonna, che al monte che domina la valle reatina, e al templum pacis dedicato al santo patrono d’Italia che vi svetta, era già stato altre volte, e da prete giusto un anno fa, in gita con i suoi allora parrocchiani di Bitonto, come ha confidato a fine Messa a quanti erano raccolti per la festa dell’Assunta.

Ma era la sua prima occasione per celebrare la Madonna di mezz’agosto, ricorrenza che nella tradizione terminillese vede sempre il vescovo diocesano salire a presiedere l’Eucaristia vespertina.

Accolto dal superiore della fraternità monastica che custodisce il tempio di San Francesco, padre Mariano, e dalla sua “spalla” don Luca, don Vito si è rivolto affabilmente a quella particolare comunità formata da pochissimi residenti e tanti villeggianti che scelgono la stazione turistica per le loro vacanze, oltre a diversi che sul monte erano saliti magari solo per trascorrere la giornata ferragostana.

Giornata per consuetudine piuttosto movimentata per molte persone, per cui la festività mariana che vi cade è per certi versi «un po’ sfortunata», ha esordito il vescovo nell’omelia. Ma è una festa, ha subito precisato, che «pur invitandoci a stare con i piedi ben piantati per terra, ci invita ad avere il coraggio di alzare gli occhi al cielo». Un cielo «che non è muto», perché Gesù lo ha reso vicino. E Maria «continua, attraverso la Chiesa, di cui è immagine, di cui è primizia a donarci ciò che di più bello ha: Gesù, Parola eterna».

La solennità che capita nel cuore dell’estate «ci fa contemplare Maria assunta alla gloria del cielo: lei che in tutta la sua vita ha seguito il suo figlio Gesù lo segue per davvero fino alla gloria, senza “se” e senza “ma”». Un segno grande, la sua assunzione in cielo in anima e corpo, che sta a ricordare a tutti il destino che ella ha avuto in anticipo: il non essere destinati «alla fossa, al nulla, ma alla gloria». E ha richiamato le parole di san Paolo proclamate nella seconda lettura della liturgia in questa festa «che in realtà profuma di Pasqua, profuma di resurrezione»: l’Apostolo afferma infatti come Cristo è “la primizia” dei risorti, e la primizia, ha evidenziato Piccinonna, «non è il frutto unico, ma è il primo di una lunga serie», a lui seguono «”quelli che sono di Cristo”, e tra questi eccelle Maria in un posto singolare».

L’immagine della “donna vestita di sole” contenuta nella visione dell’Apocalisse fa pensare a Maria ma raffigura anche «l’intero popolo di Dio» minacciato dal male. Don Vito ha voluto richiamare l’attenzione su un particolare della simbologia utilizzata nel brano giovanneo: il drago rosso che con la sua coda trascina in terra un terzo delle stelle del cielo: «Nella Sacra Scrittura le stelle sono il segno della speranza. Che cosa fa il male? Ci vuol vedere disperati. È nemico della nostra gioia. Invece Gesù è venuto, e viene oggi, a dar gioia alla nostra vita. Satana vuol distruggere le speranze, ma non dimentichiamo che la sua forza è limitata: può staccarne solo “un terzo”».

E allora «non diamo adito al male di prendere casa nella nostra vita, facciamo sì che invece sia Dio il signore della nostra esistenza». Certo, a cominciare dalla vita quotidiana in famiglia le cose non sono facili, «ma se mettiamo Dio dentro i nostri affari anche familiari qualcosa cambia: cambia la prospettiva. Abbiamo bisogno di affidarci a una Parola che ci orienta». Questa allora la preghiera da affidare a Maria: che si trovi luce, che «possa brillare la speranza, che possiamo essere sempre assetati di questa luce che è dono di Dio».