Come sta la città?

Rieti non riesce ad uscire dalla crisi, nonostante non manchi la buona volontà di produrre una alternativa. Forse perché invece di affrontare i problemi, siamo ancora troppo presi dalla dialettica del “noi e loro”.

Come sta la città? Viene da domandarselo di fronte ai continui inciampi che incontra nel suo cammino. Ultimo episodio: gli allagamenti, effetto combinato di una forte pioggia e di una inamovibile trascuratezza. Il problema, come sempre risolto a posteriori, ha dato un sapore straordinario ad un lavoro ordinario. Così vanno le cose.

Comunque sia, il malcontento non manca. È vero che sull’attuale Amministrazione pesa parecchio l’eredità – non solo economica – lasciata dalla Giunta precedente. Ma è anche vero che al momento tutto sembra ridursi a questo. È un po’ poco, almeno di fronte all’aspettativa di un cambiamento non più rimandabile.

La crisi che stiamo attraversando è il risultato di un sistema-città giunto al limite. In tanti cercano di far passare l’idea che l’eccessivo indebitamento del Comune freni la svolta. Ma i conti in rosso sono più un sintomo che una conseguenza della situazione. Sono il modo – sbagliato – che la città ha trovato per tirare avanti finché ha potuto. Chi considera i debiti solo il prodotto di una lunga politica clientelare, diffusa e dominante, non va al fondo del problema.

Non è che la politica dello scambio e dei favori mancasse. Ma credere che lo stato attuale di Rieti sia il prodotto del gioco irresponsabile di un ristretto gruppo di amministratori sembra eccessivo. Si finisce per dare troppa importanza a figure di secondo piano.

Semmai è il caso di non dimenticare il contesto oggettivo dell’evoluzione sociale. Da tempo la città sta assistendo al proprio sostanziale declino. La politica delle ultime Giunte ha provato a dare una risposta: che le soluzioni adottate fossero un micidiale miscuglio di clientelismo, incapacità e autocelebrazione lo dicevamo anche in tempi non sospetti. Ma quale era l’alternativa?

La Giunta in carica è più sobria, in parte per vocazione, in parte per disponibilità di cassa, ma tolti gli slogan non manca di continuità. Le cose fatte finora sembrano operazioni di facciata. Pare quasi che la nuova Amministrazione cerchi di nascondere il disorientamento. Pur credendo di poter dare vita ad una alternativa non riesce ancora ad arrivare al nocciolo dei problemi. Lo si vede quando la sinistra di governo viene paradossalmente incalzata all’innovazione dai frammenti della Giunta precedente che sono riusciti a riciclarsi.

Data la difficoltà, piuttosto che continuare a fare comunicati stampa per dire che si puliscono le strade o si stappano i tombini, sarebbe ora di avviare davvero quel discorso aperto con la città che è stato il tema vincente della campagna elettorale. I cittadini hanno creduto che il cambiamento fosse a portata di mano. Di questo passo finiranno per convincersi che il miglioramento sia ancora una volta ostacolato da cattivi amministratori e poteri occulti, che sanno quali scelte farebbero il vantaggio comune, ma si oppongono per servire il proprio egoismo.

È su questo che la destra ha perso le elezioni. Gli elettori si sono mossi nella convinzione che i problemi fossero determinati in gran parte dai comportamenti sbagliati di quelli che occupavano le poltrone. E la sinistra renderà un cattivo servizio ai propri sostenitori se si accontenterà di credere che la città sia andata in crisi esclusivamente per il clientelismo e la cattiva amministrazione. Il riordino della spesa, degli incarichi, dei servizi – che pure sono auspicabili e speriamo di vedere al più presto – non basteranno. Un malato ben vestito è pur sempre un malato. E la malattia della nostra città in fondo non l’abbiamo ancora ben diagnosticata.

Come il bravo medico, che interroga il paziente per capire da quale male è affetto, chi si propone di prendersi cura di Rieti dovrebbe farle le domande giuste, ascoltarne il respiro, guardarle la gola, senza contentarsi del racconto dei piccoli acciacchi che ogni organismo porta inevitabilmente con sé.

E sarebbe una indagine da fare in fretta perché, è cosa nota, i morti non rispondono.