Nel fine settimana saranno 500 i beni culturali ecclesiastici di Piemonte e Valle d’Aosta visitabili grazie al progetto “Città e cattedrali a porte aperte”. Della loro valorizzazione ne parla don Gianluca Popolla, responsabile della Consulta regionale della Conferenza episcopale piemontese.
Saranno 500 tra monasteri, pievi, santuari, chiese e musei diocesani i beni culturali ecclesiastici di Piemonte e Valle d’Aosta aperti in contemporanea sabato 23 e domenica 24 settembre per visite, mostre, concerti, eventi teatrali. Il fine settimana di “Città e cattedrali a porte aperte”, organizzato nell’ambito delle Giornate europee del patrimonio culturale, sarà anche l’occasione perscoprire e vivere i 15 itinerari e le molteplici realtà carichi di storia e arte sacra che costellano quest’area dell’Italia nordoccidentalee che dal 2005 vengono valorizzate grazie al sistema “Città e cattedrali” ideato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Torino e dalle 17 diocesi della Conferenza episcopale di Piemonte e Valle d’Aosta (Cep). Dalla nascita del progetto sono state alcune migliaia le persone che ne hanno approfittato per ritornare in luoghi conosciuti o per scoprirne di nuovi.
“Dopo più di un decennio dall’avvio del progetto – spiega don Gianluca Popolla, responsabile della Consulta regionale per i beni artistici culturali della Cep – il bilancio del sistema ‘Città e cattedrali’ da parte nostra è indubbiamente positivo: è cresciuto il numero di beni coinvolti, è aumentato il numero dei volontari, si è incrementato il numero di visitatori”. Inoltre, sottolinea il sacerdote,
“si è sviluppata in questi anni la capacità delle diocesi piemontesi di progettare sul sistema culturale in modo integrato”.
Per la sua terza edizione, il weekend di “Città e cattedrali a porte aperte” sarà nel solco del tema “Dal conflitto all’inclusione” che sta segnando le attività di “Città e cattedrali” nel 500° anniversario dalla Riforma e nell’anno internazionale del turismo sostenibile dichiarato dalle Nazioni Unite. Da Saluzzo a Serravalle Scrivia, da Asti ad Acqui Terme sono numerose le proposte per approfondire il rapporto tra Riforma protestante e Controriforma cattolica con mostre ed eventi che valorizzano anche il ruolo avuto dalle confraternite.
A questo si affiancano percorsi di arte e architettura contemporanea e quelli di visita ad antichi affreschi, crocefissi e battisteri.Il tutto è reso possibile grazie a una rete di volontari che, per l’occasione, in alcuni luoghi prevede il coinvolgimento di giovani.“I volontari – riconosce don Popolla – sono il cuore del progetto di comunità per l’alto livello di partecipazione”. I beni coinvolti progressivamente nel progetto “sono nati per essere luoghi di fede e di espressione della vita di secoli fa e oggi la stessa comunità se ne fa carico e li narra ai contemporanei”. Anche alle nuove generazioni: “Stiamo cercando di coinvolgere un sempre maggior numero di giovani creando percorsi innovativi di fruizione culturale e sviluppando anche progetti inseriti nel programma di alternanza scuola/lavoro”.
Quest’anno “Città e cattedrali a porte aperte” sarà anche l’occasione per fareun ulteriore passo nell’utilizzo dell’innovazione e della tecnologia per la valorizzazione di siti di particolare interesse storico-artistico, in particolare per consentire l’accesso autonomo dei visitatori.Due i luoghi coinvolti: la cappella di san Sebastiano, a Giaveno nella diocesi di Torino, e quella di san Bernardo d’Aosta, a Piozzo nella diocesi di Mondovì. Dopo aver prenotato la visita sul portale www.cittaecattedrali.it, i visitatori potranno accedere ai due edifici utilizzando l’app per smartphone “Città e cattedrali” (Android e iOS) . All’interno delle cappelle, sarà disponibile un sistema multimediale che guiderà i visitatori attraverso una narrazione storico-artistico-devozionale che sarà valorizzata anche da luci mobili. “Questi due beni sono stati scelti in base a parametri di volumetria, accessibilità e sicurezza per via del livello sperimentale del progetto”. “L’intenzione per il futuro – assicura don Popolla – è certamente quella di ampliare il numero di edifici coinvolti”. Per rendere sempre più fruibili luoghi che oggi non possono esserlo, ma che continuano a esercitare un’attrattiva non solo culturale ma anche spirituale che merita di essere sostenuta.