Bulgaria: fra la Piazza e il Palazzo volano stracci

Dopo 40 giorni di proteste, i cittadini sono giunti nei giorni scorsi ad assediare il Parlamento. Il governo, però, non intende dimettersi e annuncia riforme. Intanto a Sofia la situazione economica non migliora e si prospetta un futuro politico molto incerto. L’analisi del politologo Boris Popivaov.

Da 40 giorni il centro di Sofia è un’arena di proteste. Ogni sera, regolarmente, di fronte alla sede del governo si riuniscono migliaia di persone che chiedono le dimissioni dell’esecutivo accusato di avere legami con la mafia per aver affidato a persone di dubbia reputazione cariche importanti. La protesta è stata pacifica fino a al 23 luglio, quando duemila manifestanti, stanchi di non essere ascoltati dai governanti, hanno assediato il Parlamento dove erano in corso tre sedute di diverse commissioni parlamentari. 109 deputati sono rimasti bloccati per otto ore e il tentativo della polizia di farli uscire con pullman preceduti da un cordone di poliziotti è fallito. I manifestanti hanno iniziato a costruire barricate improvvisate e a sdraiarsi di fronte alla polizia che cercava di far uscire i parlamentari. Negli scontri con le forze dell’ordine sono rimasti feriti 20 cittadini e 7 poliziotti. Solo la mattina successiva i deputati sono stati “liberati” dall’assedio popolare.

La causa degli scontri.

Secondo il professore di Scienze politiche dell’Università di Sofia, Boris Popivanov, “la gente si è davvero innervosita quando ha compreso di non essere ascoltata” dai politici. “Hanno pensato – spiega a Sir Europa – che se non si fosse fatto qualcosa di radicale, le manifestazioni non avrebbero avuto alcun effetto”. Popivanov non crede che l’assedio del Parlamento cambierà qualcosa perché “le posizioni dei manifestanti e dei governanti sono rimaste immutabili, così come erano all’inizio della protesta”. Nel frattempo anche uno dei principali sindacati, le associazioni degli imprenditori e alcuni partiti d’opposizione hanno chiesto le dimissioni del governo, appoggiato dai socialisti, dal partito della minoranza turca e dei nazionalisti “Ataka”. Ma il governo, come ha annunciato questa mattina il premier Oresharski, non intende dimettersi. Il primo ministro ha dichiarato che la sua compagine ministeriale ha un piano preciso per far uscire il Paese dalla crisi e ha invitato i manifestanti a rispettare le leggi e a non permettere che si ripetano episodi simili a quelli dei giorni scorsi. Resta però la domanda se questo esecutivo sarà in grado di governare. “Se vogliono rimanere al potere dovranno tenere conto di avere una credibilità sotto il minimo necessario”, commenta Popivanov. A suo parere “è urgente trovare una forma di dialogo per cercare di placare le tensioni nella società”.

La situazione economica.

I bulgari continuano a essere delusi dalla loro condizione sociale, dalla classe politica e dal fatto di essere il Paese più povero dell’Unione europea. La situazione non è cambiata molto rispetto a febbraio, quando si sono svolte le prime proteste contro il carovita che hanno causato le dimissioni del precedente governo di centro-destra del partito Gerb e le elezioni anticipate del 12 maggio. Secondo Popianov “non si vede neanche una speranza di miglioramento”. Al contrario, presi dalle diatribe tra manifestanti e governanti, “non ci rendiamo conto che l’economia del Paese continua ad affondare e le riforme necessarie non si fanno”.

La preoccupazione dell’Ue.

La Commissione europea ha espresso preoccupazione per gli eventi in Bulgaria e ha chiesto a tutte le parti in campo di collaborare ed evitare ulteriori scontri. Molti analisti hanno sottolineato l’importanza del fatto che la Bulgaria fa parte dell’Ue per tutelare i cittadini da un eventuale eccesso di forza da parte della polizia e per garantire i diritti fondamentali.

Gli scenari possibili.

Mentre le pressioni della piazza proseguono, le possibilità di trovare soluzioni accettabili per tutti diminuiscono di giorno in giorno. Anche se la maggior parte dei bulgari, secondo i sondaggi, appoggia le proteste, non tutti chiedono elezioni immediate. Popivanov spiega che, secondo le scadenze legislative, prima di novembre non si potrebbe andare di nuovo al voto. Ciò significa che il nuovo governo potrebbe formarsi verso Natale, “rischiando di non poter votare la Finanziaria per il 2014”. Secondo lo studioso, “il governo rimarrà al suo posto e le persone saranno ancora più convinte che non potrà risolvere i loro problemi”.