Economia

Bilancio a breve termine

Il prossimo anno si voterà per le Europee, elezioni normalmente sonnolente e pochissimo valutate da noi italiani. Ma il prossimo voto sarà invece cruciale.

Il sospetto è che le cifre che ballano sulla manovra governativa riguardante il nostro bilancio, abbiano in realtà un respiro molto più corto dell’orizzonte triennale di cui si strologa. Cioè un deficit (un aumento del debito pubblico programmato) di una certa entità – non indifferente – nel 2019, per poi diminuire nei due anni successivi. E se l’orizzonte che interessa a chi ci governa fosse appunto ben più corto, diciamo i prossimi 8-9 mesi? Se insomma ci fosse soprattutto da raggranellare un tesoretto da spendere a breve termine, non solo ma anche per rafforzare il consenso elettorale?

Il prossimo anno si voterà per le Europee, elezioni normalmente sonnolente e pochissimo valutate da noi italiani. Ma il prossimo voto sarà invece cruciale: rimarrà in piedi l’asse popolar-socialista che da decenni governa – in modalità differenti e a fasi alterne – l’Unione? O cresceranno fino a diventare determinanti quei partiti diciamo populisti, che con l’Europa unita e le sue regole hanno molto da bisticciare?

Due tra questi partiti sono alleati in Italia con un patto di governo in cui ognuna delle due forze ha fatto promesse molto consistenti e importanti agli elettori. Iniziare un 2019 senza nemmeno intravvedere il profumo di qualche cosa concreta, potrebbe avere ripercussioni negative sia sull’immediato voto europeo, sia sulla tenuta stessa dell’inedita maggioranza. Al contrario, se certe promesse cominciassero a diventare fatti, le urne ne godrebbero assai. E non importa nulla delle reprimende comunitarie: anzi, rafforzerebbero il concetto che qui si vuole fare, ma Bruxelles impedisce e quindi…

Quindi il vero scoglio è trovare in qualche modo un pacchetto di miliardi di euro che foraggi l’abbassamento pensionistico, il reddito di cittadinanza, un qualche taglio fiscale, ecc. In fondo il debito pubblico attuale sta sui 2.300 miliardi di euro, una quarantina in più sono un secchiello di sabbia sulla montagna. L’unico vero problema concreto è un altro, e non è (solo) finanziario o matematico.

Per dettato costituzionale ogni spesa pubblica deve avere copertura finanziaria. Altrimenti il presidente della Repubblica non la controfirma e, se pure lo facesse, ci penserebbe poi la Corte costituzionale a bloccare tutto. Quindi il tesoretto dovrà indicare le fonti che lo alimentano. In modo preciso, e non con vaghe diciture come “recupero dell’evasione fiscale” o “taglio degli sprechi”. Entrambi sono due modi molto interessanti per accumulare il gruzzolone, ma va spiegato precisamente come.