Bangladesh: l’instabilità politica dietro gli attentati contro gli stranieri

I recenti attacchi rientrerebbero nella lotta – tutta politica – in corso tra il partito laico di governo, l’Awami League, e il Partito nazionalista d’opposizione (Bnp), legato ad alcuni gruppi islamisti. Una frattura che è andata aggravandosi dopo la decisione dell’opposizione di boicottare le elezioni politiche del 2014. L’impegno della Chiesa cattolica

Dietro gli attentanti contro gli stranieri avvenuti negli ultimi mesi in Bangladesh ci sarebbero motivazioni politiche e non religiose. L’ennesima conferma, non la prima in questo senso, arriva da monsignor James Romen Boiragi, vescovo della diocesi di Khulna, durante una sua recente visita in Italia. Il riferimento è ad almeno tre episodi avvenuti in un tempo ravvicinato tra il settembre e l’ottobre scorso: l’uccisione nella capitale Dacca del cooperante italiano Cesare Tavella, seguita a pochi giorni dall’assassinio del giapponese Kunio Hoshi e dal ferimento di padre Piero Parolari, missionario del Pime nella diocesi di Dinajpur. Tutti episodi rivendicati dall’Isis, anche se il governo bengalese ha sempre negato l’attendibilità di questi annunci. Una versione che monsignor Boiragi ritiene quanto meno plausibile: “Nello stesso periodo, oltre a questi casi, ci sono state anche altre minacce nei confronti di missionari e, più in generale, persone straniere presenti in Bangladesh. Credo facessero tutte parte di una strategia per destabilizzare e delegittimare il governo in una fase delicata per gli equilibri politici del Paese. La presenza di piccoli gruppi fondamentalisti di matrice islamica non è nuova in Bangladesh (dove i musulmani rappresentano l’89% della popolazione ndr), ma non è cambiato molto in questi ultimi anni con la nascita dell’Isis, e nelle ultime settimane la situazione sembra essere più tranquilla rispetto all’autunno scorso”.

Motivazioni politiche. Secondo il vescovo questi episodi rientrerebbero nella lotta – tutta politica – in corso tra il partito laico di governo, l’Awami League, e il Partito nazionalista d’opposizione (Bnp), legato ad alcuni gruppi islamisti. Una frattura che è andata aggravandosi dopo la decisione dell’opposizione di boicottare le elezioni politiche del 2014 e il successivo non riconoscimento della vittoria dell’Awami League. Un altro elemento di tensione, secondo mons. Boiragi, è stata l’esecuzione delle condanne a morte di Ali Ahsan Mohammad Mujahid, segretario generale del partito d’opposizione Jamaat-e-Islami, e di Salahuddin Quader Chowdhury, figura di spicco del Bnp. I due politici erano stati condannati nel 2013 dal Tribunale speciale chiamato a indagare sui crimini di guerra commessi durante il conflitto con il Pakistan del 1971, che si è concluso con l’indipendenza del Bangladesh.

È in questo clima d’incertezza e instabilità che vivono i 168 milioni di bengalesi, per la metà sotto i 24 anni, di cui solo 0,5% è di religione cristiana.

“Negli ultimi anni – confida il vescovo – il Paese ha conosciuto un’importante crescita economica, legata soprattutto all’industrializzazione delle città, ma che ha portato con sé pesanti danni ambientali. Per questo, come vescovi del Bangladesh, abbiamo accolto con grande interesse l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco e abbiamo avviato una riflessione su questi temi nelle nostre comunità”.

La Chiesa ha molto da dire… Sono soprattutto due i problemi evidenziati da mons. Boiragi: da un lato, la crescita delle disuguaglianze tra ricchi e poveri e, dall’altro, la devastazione provocata nelle città dall’inquinamento atmosferico e nelle zone costiere dall’allagamento dei campi per la coltura dei gamberetti, una delle principali fonti di export del Paese. Quest’ultima pratica è particolarmente diffusa nella diocesi di Khulna: grandi terreni vengono comprati o affittati da latifondisti per destinarli, una volta inondati di acqua salata, a questo tipo di attività. Questo non priva solo di terra coltivabile i contadini, ma il sale infiltrandosi nella falda acquifera finisce per rendere l’acqua non potabile, con gravi conseguenze per la popolazione. Da qui la necessità di un’azione che sia soprattutto educativa per aiutare la gente e la classe politica a riflettere sulla necessità di custodire il creato. Un ambito in cui, per mons. Boiragi, la Chiesa ha molto da dire.

“Nella nostra diocesi i cattolici – conclude – sono solo 35mila su una popolazione complessiva di 16 milioni e spesso appartengono ai ceti più poveri. Nonostante questo la Chiesa, grazie anche alla presenza dei missionari, è molto attiva in campo educativo e caritativo e questo fa sì che la nostra voce venga ascoltata; solo nella nostra diocesi abbiamo 12 collegi che sono frequentati per la maggior parte da studenti musulmani.

Vengono da noi perché le considerano tra le scuole migliori. È attraverso questo impegno che siamo chiamati a portare avanti la nostra testimonianza cristiana”.