Asiatici in Italia: in 20 anni quasi un milione

Dall’Asia sono partiti alcuni dei più antichi flussi migratori diretti verso il nostro Paese, e, non a caso, oggi gli immigrati asiatici sono un quarto di tutti gli stranieri non comunitari soggiornanti. L’Italia tra gli Stati membri della Unione europea con il maggior numero di tali presenze.

Dall’Asia sono partiti alcuni dei più antichi flussi migratori diretti verso l’Italia, e, non a caso, oggi gli immigrati asiatici sono un quarto di tutti gli stranieri non comunitari soggiornanti in Italia. Per conoscere più a fondo questo fenomeno, la rivista “Affari sociali internazionali”, che ha presentato a Roma il suo restyling editoriale, ha deciso di dedicare il primo numero proprio al tema “L’immigrazione asiatica in Italia: presenze, lavoro, rimesse”. Tale iniziativa editoriale, è stata curata dal Centro Studi e Ricerche Idos, coordinata da Franco Pittau e promossa da Moneygram, il cui vicepresidente Massimo Canovi, ne ha rilevato l’importanza perché “non ci sarà vera integrazione se continueremo a giudicare il nostro vicino solo sulla base dei suoi tratti etnici e non dedicheremo del tempo a conoscerne la sua storia”. “Sbagliato chiamarli ‘stranieri’ – ha incalzato Canovi – soprattutto se si pensa che gli immigrati di seconda generazione sono nati in Italia e spesso si sentono più italiani di noi”.

Le statistiche sui flussi asiatici.

“L’Italia è oggi tra gli Stati membri della Ue con il maggior numero di presenze asiatiche” ha sottolineato Ginevra Demaio del Centro Studi e Ricerche Idos. “Se agli inizi degli anni ’90 gli immigrati asiatici erano appena 100mila, agli inizi del 2012 hanno raggiunto il numero di 942.443, circa un quarto del totale dei soggiornanti non comunitari – ha evidenziato l’esperta – con un forte incremento nell’arco di un ventennio”. Nella graduatoria dei primi 20 paesi non comunitari per numero di soggiornanti dell’Asia “il 15,4% è originario dell’India, l’11,3% del Bangladesh, il 10% dello Sri Lanka e il 9,6% del Pakistan” evidenzia il rapporto. Per quanto riguarda le donne restano minoritarie tra i bangladesi, i pakistani e indiani, “mentre esercitano un peso e un ruolo decisamente più forti tra i srilankesi (44,1%) e i cinesi (48,7%) per raggiungere la partecipazione massima tra i filippini (58%)” come si evince dalle statistiche.

Crisi e lavoro.

Nonostante la crisi economica che ha colpito l’Europa, con forti ricadute nel nostro Paese, “i lavoratori asiatici inseriti nel comparto agroalimentare, in larga maggioranza indiani e, quelli attivi nel settore della collaborazione domestica e familiare, sono stati relativamente al riparo dagli effetti della crisi” ha rilevato la ricercatrice Maria Paola Nanni. I più penalizzati appaiono invece i lavoratori pakistani, per la tendenziale concentrazione nel settore industriale, in particolare edile e metalmeccanico. “Infine a distinguersi per una rilevante propensione a lanciare la propria impresa, oltre ai cinesi (36.483 titolari d’impresa nel 2011) ci sono i bangladesi (12.183), i pakistani (5.871), e seppur in misura minore, gli indiani (2.209)” ha reso noto l’esperta. In generale, però, gli effetti della crisi porteranno ad un calo delle rimesse verso i principali paesi asiatici d’origine, un dato importante se si pensa che nel 2012 sono stati “260 i miliardi di dollari che hanno raggiunto l’Asia da tutto il mondo e quasi 4 miliardi di euro solo dall’Italia” sottolinea il report.

Società multietnica.

Per quanto riguarda l’Italia, le regioni in cui si sono insediate le collettività asiatiche più numerose sono “la Lombardia, dove soggiornano circa il 29,1% del totale, seguita dal Lazio con 14,7%, Emilia Romagna 11,3%, Veneto 11,1%, Toscana 9,3%, Campania 4%”, come emerge dalle statistiche. “L’Italia deve però sviluppare una maggiore attitudine alla multietnicità, come già avviene in America che, non a caso ha un presidente di colore” ha dichiarato Lifang Dong, avvocato, cittadina italiana, ma di origine cinese, che ha raccontato la sua personale esperienza e ha esternato la sua volontà di contribuire a cambiare la società attuale italiana. Secondo Alex Van Arkadie, rappresentante della comunità cattolica srilankese in Italia, c’è un aspetto che supera le diversità etniche, religiose e culturali e sul quale puntare per favorire questo cambiamento ed è “l’importanza della famiglia e del legame tra le generazioni”, che accumuna gli italiani tanto quanto i popoli asiatici.