Europa

Ancora morti sulle rotte dei migranti. E la Ue «processa» Frontex

La commissaria Johansson annuncia sviluppi nell’inchiesta sull’agenzia per il controllo delle frontiere, accusata di aver cooperato a fermare i migranti in Grecia e Libia e di omissioni in Croazia

Un profugo morto di freddo a Lesbo, altri 3 dispersi in mare e 24 sopravvissuti a un naufragio con temperature sottozero. Mentre in Bosnia e lungo tutta la rotta balcanica, per dirla con la Federazione internazionale della Croce rossa, «la situazione è ad alta vulnerabilità».

E ora nel mirino non ci sono solo le autorità bosniache e i respingimenti croati. Dalla Commissione Ue comincia a trapelare l’irritazione per le decisioni dei vertici di Frontex. Sul tavolo dei commissari di Bruxelles è stato depositato il primo report dopo l’inchiesta ordinata in seguito alle denunce che indicano le omissioni e la diretta cooperazione nei respingimenti sulla rotta balcanica, quelli nel mare Egeo, e gli ambigui rapporti con la cosiddetta Guardia costiera libica per il tramite di Paesi come Italia e Malta.

La Commissione ne discuterà oggi e nell’attesa di decisioni sul direttore Fabrice Leggeri – accusato anche dal commissario agli Affari Interni di avere mentito all’Europarlamento, negando di essere stato a conoscenza delle violazioni dei diritti umani – potrebbe essere nominato a breve un vicedirettore esecutivo che, di fatto, limiterà lo strapotere del direttore unico.

Intervenendo durante la plenaria dell’Europarlamento, la commissaria agli Afferi Interni, Ylva Johansson è stata chiara: «Quando sono stati segnalati presunti respingimenti al confine croato, la Commissione ha invitato le autorità a indagare, come è loro dovere». Ma la strada non è in discesa. «La Commissione e le autorità croate – ha spiegato Johansson – discutono regolarmente su come migliorare il monitoraggio e le indagini esistenti. Nell’ambito di queste discussioni, a novembre la Commissione ha inviato una missione di alto livello in Croazia, che ha visitato due valichi di frontiera».

Ne è scaturita la necessità di stabilire «un meccanismo di monitoraggio indipendente», nel quale sono coinvolti anche «il difensore civico croato e l’Unhcr–Acnur». Manca però il nulla osta di Zagabria.

Le condizioni climatiche spezzano le speranze di migliaia di persone nei campi profughi in Turchia. Così c’è chi prova anche nella stagione peggiore a raggiungere l’Europa continentale passando dalle isole greche. A Lesbo, però, la vita negli accampamenti non è migliore. Sull’isola è stato trovato il corpo senza vita di un migrante, probabilmente ucciso dal freddo.

Altri 24 sono stati soccorsi dalla polizia portuale dopo il naufragio della loro imbarcazione salpata dalla Turchia e affondata davanti alle coste di Mitilene, mentre altri 3 profughi sarebbero annegati. La Grecia è il Paese di maggior transito per quanti poi intraprendono la “rotta balcanica”.

I profughi, provenienti in gran parte dal Pakistan e dall’Afghanistan, sono assistiti da diverse organizzazioni, tra cui la Croce Rossa bosniaca, ma «la situazione è drammatica, basti pensare che alcuni di loro indossano, sotto la neve, solo delle ciabatte di gomma. Sono senza acqua, elettricità e fognature», ripete Francesco Rocca, presidente della Federazione internazionale delle società di Croce rossa.

«È una vergogna – insiste Rocca – che si ripete anche in Libia così come a Moria in Grecia, segno della mancanza di un approccio comune europeo».

E di «tragedia annunciata» parla Albrecht von Boeselager, Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta, che punta il dito contro precise scelte politiche: «È inaccettabile che queste persone vengano trattate come ostaggi alle porte dell’Europa, al fine di scoraggiare l’emigrazione di altri».

da avvenire.it