Cinema

Aldo Fabrizi, cineasta poeta oltre l’attore

A 30 anni dalla scomparsa, parla la nipote Cielo Pessione ideatrice al Festival del Cinema Europeo di Lecce di una mostra con raro materiale delle sue regie

La figura di don Pietro in Roma città aperta è di quelle che restano scolpite nei cuori e nella storia del cinema. Come pure la bonarietà del maresciallo sovrappeso che insegue ansimante Totò in Guardie e ladri. Ma Aldo Fabrizi è molto di più: attore, sceneggiatore, regista, produttore comico e poeta. A 30 anni dalla scomparsa, il Festival del Cinema Europeo diretto da Alberto La Monica (confermato nella versione online da oggi al 7 novembre a Lecce), rende omaggio a una delle figure più carismatiche della cultura e del cinema italiani. Il ricordo di Fabrizi si articola in diversi momenti: il regista e l’attore, con una retrospettiva dei suoi film visibili sulla piattaforma del festival on demand (oltre ai 12 film del Concorso “Ulivo d’Oro” e quelli dell’omaggio a Dario Argento e Olivier Assayas), una mostra fotografica e una tavola rotonda dedicata alla sua arte, alle 18 del 31 ottobre, visibile in streaming sul sito del festival, presieduto dalla nipote di Fabrizi, Cielo Pessione, e a cui parteciperanno Luca Verdone, Antonello Fassari, Aida Mele ed Enrico Magrelli.

Ed è proprio la nipote, depositaria dell’archivio del nonno, ad avere organizzato la bella mostra che si inaugura oggi al Castello Carlo V di Lecce e che ripercorre la carriera di regista di Aldo Fabrizi attraverso le locandine dei film da lui diretti oltre ai memorabilia del set. A celebrare, oltre alla scomparsa avvenuta il 2 aprile 1990, il compleanno di Fabrizi, nato il 1° novembre 1905. «A trent’anni dalla morte, chi lo ha amato desidera che Fabrizi sia ricordato in maniera totale e giusta – ci racconta Cielo Pessione -. Oltre che attore era regista e autore di se stesso da sempre, poeta e autore di testi di canzoni. Sin da quando iniziò a calcare il palcoscenico negli anni ’20, portava i propri testi, monologhi e macchiette. Dalla critica e dai contemporanei ci si aspetta un’attenzione maggiore a questi suoi lavori che all’epoca vennero snobbati. E la politica c’entra tanto, perché lui non si era mai schierato da nessuna parte… Certo, era un regista esigente, anche collerico quando si rendeva conto che non c’era lo stesso rispetto che lui portava a chiunque. Non era una primadonna, un divo, ma uno che si sporcava le mani».

Origini popolari, un padre vetturino morto tragicamente in seguito ad un incidente quando lui aveva solo 11 anni, costringendolo ad abbandonare gli studi per mantenere la numerosa famiglia, Aldo Fabrizi ha avuto come grande scuola la vita. «Non era un uomo molto colto, ma a dispetto della sua quarta elementare era un curioso e si è fatto da sé. Non dimenticava mai le proprie origini» aggiunge Cielo Pessione che negli ultimi mesi di vita promise all’amatissimo nonno di occuparsi del suo archivio. Decisamente da rivalutare, per la sua attualità, è già il suo primo film da regista, Emigrantes, girato nel 1948 tra Italia e Argentina per raccontare la vita degli emigrati italiani e le difficoltà a trovare un alloggio dignitoso. «Fu girato in maniera rocambolesca – racconta –. Fabrizi e la troupe si imbarcarono su una nave diretta a Buenos Aires con un certificato di emigrazione: la stessa nave divenne set cinematografico con la partecipazione degli stessi migranti. Mio nonno ci aveva messo tutta l’anima. Partecipava come produttore, soggettista, sceneggiatore, interprete principale. Venne stroncato dalla critica dl tempo».

L’umanità di Fabrizi regista è esaltata anche nel film Il maestro del 1957 girato in Spagna, un film dai toni educativi alla De Amicis. L’attore impersona un maestro elementare, rimasto vedovo poco dopo la nascita del suo unico figlio, che ottiene il trasferimento dal suo paese natale ad una scuola della città per assicurare un avvenire migliore al figlio Antonio. Al Festival di Lecce anche la trilogia de La Famiglia Passaguai, restaurata dalla Cinete- ca di Bologna, una commedia familiare con Ave Ninchi, Peppino De Filippo, Carlo Delle Piane e Tino Scotti, che ebbe successo di pubblico nei primi anni ’50.

Quando Cielo nasce, nel 1959, nonno Aldo sta quasi abbandonando la regia. «Dopo aver preso parecchi calci in faccia, era tornato al ruolo di interprete. Fece C’eravamo tanto amati di Scola, Rugantino a teatro nel ruolo di mastro Titta, fu ospite nei grandi show televisivi e scrisse tre libri di ricette in poesia. Quando usciva di casa si camuffava, per evitare che la gente gli saltasse addosso: era amatissimo». Una famiglia legatissima, quella dei Fabrizi, Cielo ricorda che con lui e la mitica Sora Lella tutte le domeniche si mangiava insieme: le sue specialità erano le pastasciutte, le meravigliose minestre riposate, zuppe di pasta e fagioli, pasta e lenticchie, pasta e ceci. Mentre nonno Aldo, «schietto e per nulla diplomatico, frequentava pochissime persone dello spettacolo: Tino Scotti, Nando Bruno, Luciano Bonanni e Walter Chiari. Profonda fu l’amicizia con Totò: «Era un rapporto di stima e di affetto, nell’archivio conservo delle lettere molto affettuose». Le ricerche della nipote portano a riscrivere una parte della storia del cinema italiano. «A Roma città aperta di Rossellini mio nonno contribuì più di quanto si sappia. Il neorealismo? Già lo faceva nel suo esordio al cinema come interprete in Avanti c’è posto del 1942, in Campo de’ fiori e L’ultima carozzella di cui fu anche sceneggiatore. Con vena polemica diceva sempre: “Il mio è realismo senza neo”. La sua era una produzione all’insegna della veridicità ». Viene chiarito anche il rapporto con Fellini: «Sono stati molto amici, Fellini è stato traghettato nel cinema grazie ad Aldo Fabrizi che prese questo giovane sotto la sua ala protettiva, addirittura lo ospitò due mesi in casa sua. Ma Fell

ini aveva un altro immaginario. Ne L’ultima carrozzella Fellini partecipò alla sceneggiatura col nome di Federico. “Perché non facciamo parlare il cavallo?” disse. Mio nonno lo guardò storto e Fellini capì subito che non era il caso». Episodi e aneddoti che vengono raccontati nello spettacolo-conferenza Caro nonno, che la Pessione aveva previsto in tour con Antonello Fassari, ora bloccato dal Covid. Mentre la televisione, seppur rendendolo popolarissimo, «era un ripiego per il nonno di cui ricordo monologhi molto divertenti, con Ave Ninchi, sua carissima amica, e Bice Valori. Era un modo di divertirsi e sostentare la famiglia e le sue cinque sorelle». Non un credente in senso stretto, Aldo Fabrizi, fu però «così intelligente da non credere che esista soltanto quello che vediamo. Era una persona spirituale – ricorda la nipote – e aveva ben chiaro che la bontà ha un suo peso. Diceva che il rispetto degli altri e della vita determina cosa succederà in un aldilà».

da avvenire.it