52. “Evangelium Vitae”. La concezione efficientistica della società rischia di far affermare una cultura di morte

Proseguiamo nella lettura della “Evangelium Vitae”, enciclica scritta da Papa Giovanni Paolo II nel 1995, nel diciassettesimo anno del suo lungo e ricco pontificato.

Gli aspetti che cercheremo di approfondire riguardano temi importanti e attuali, come l’aborto, il rapporto con i diversamente abili, ecc, che sotto intendono un atteggiamento di fondo e un quadro valoriale di riferimento che la fede induce a guardare e comprendere con estrema attenzione.

Proprio al n. 12 dell’Enciclica il grande Pontefice affronta questo tema delicato e preoccupante, oggi più che mai di scottante attualità. Si tratta di una riflessione circa il senso e il valore della vita anche quando questa non si manifesta come ordinariamente l’uomo è abituato a sperimentare, una vita che può superare schemi e legittime attese, vite difficili, a volte segnate in modo drammatico dalla sofferenza.

La presenza di persone con disabilità, portatrici di particolari malattie o comunque di una qualche diversità, intacca equilibri personali e comunitari, provoca in qualche modo un’attenzione e un confronto con la propria coscienza. Spesso questa diversità è percepita come pericolosa perché in grado di mettere in discussione privilegi e sicurezze, prospettive e realizzazioni a cui aspirare, sono soprattutto vite che mettono l’uomo di fronte a delle responsabilità che preferirebbe evitare: dare amore anche a coloro che non solo non ricambiano allo stesso modo questo vissuto ma che costringono viverlo nella sofferenza e nel dolore.

Il Papa vuole in tal modo svelare quale effettive responsabilità si celano dietro un sì o un no alla vita: è davvero un atto d’amore abortire un feto con problematiche di carattere fisico o psichico ? Una tale scelta implica sempre e comunque evitare al feto una vita dolorosa oppure è più impegnativo per i genitori seguire un figlio con queste problematiche tanto da suscitare pietismo piuttosto che un impeto ancor maggiore di donazione e accoglimento?

Situazione difficile ma indiscutibilmente riducibile alla banale opzione dell’aborto per questioni sulle quali il potenziale bambino non può esprimersi?

Vivere, anche pochi giorni, anche in modo non ordinario, non è già un dono immenso? La qualità della vita è fondata veramente sulle opportunità materiali di cui si può godere oppure è data dalla qualità delle relazioni che l’uomo vive?

Il fatto è che la diversità chiama in causa spesso la debolezza e la fragilità. È proprio qui che si apre il solco che l’amore e la solidarietà può colmare. Ecco le parole del papa: «Chi, con la sua malattia, con il suo handicap o, molto più semplicemente, con la stessa sua presenza mette in discussione il benessere o le abitudini di vita di quanti sono più avvantaggiati, tende ad essere visto come un nemico da cui difendersi o da eliminare. Si scatena così una specie di “congiura contro la vita”. Essa non coinvolge solo le singole persone nei loro rapporti individuali, familiari o di gruppo, ma va ben oltre, sino ad intaccare e stravolgere, a livello mondiale, i rapporti tra i popoli e gli Stati».

In queste poche parole sono sintetizzate tante importanti indicazioni. Da una parte occorre riflettere proprio sulle caratteristiche dell’atteggiamento di fondo che l’uomo e la donna di fede deve avere nei confronti della vita, aspetto in qualche modo ripreso nelle righe appena più sopra. Dall’altra emerge una conseguenza sconvolgente: non si tratta di riflettere solo in termini individuali, la questione è assai più ampia perché investe la comunità mondiale intera. Gli attentati alla vita che l’umanità oggi mette in atto delineano uno spettacolo desolante e allarmante «[..] se pensiamo non solo ai diversi ambiti nei quali si sviluppano gli attentati alla vita, ma anche alla loro singolare proporzione numerica, nonché al molteplice e potente sostegno che viene loro dato dall’ampio consenso sociale, dal frequente riconoscimento legale, dal coinvolgimento di parte del personale sanitario» (n. 17).

Gli ambiti sono davvero molti: aborto, contraccezione, tecniche di riproduzione artificiale, diagnosi pre-natali, infanticidio, malati inguaribili e sui morenti, eutanasia, politiche contro l’incremento demografico, sterilizzazione, e altro ancora, per ciascun ambito occorre un approfondimento etico e teologico in grado di mettere l’uomo di fronte ad una verità da comprendere e accettare perché espressione dell’amore di Dio verso tutti e ciascuno ma questo sembra un percorso difficile e soprattutto è denso di contraddizioni.

Nell’Enciclica questi aspetti sono brevemente ricordati dal n. 13 al 16 e vale la pena leggerli con attenzione e umiltà.

Il Papa non manca di far emergere un paradosso inquietante al n. 18 che approfondiremo nei prossimi numeri: «[…] proprio in un’epoca in cui si proclamano solennemente i diritti inviolabili della persona e si afferma pubblicamente il valore della vita, lo stesso diritto alla vita viene praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti più emblematici dell’esistenza, quali sono il nascere e il morire».