51. “Evangelium Vitae”. Riflessioni del Pontefice sull’eclissi del valore della vita

Papa Giovanni Paolo II conduce la sua riflessione sul senso, il valore e la tutela della vita, guardando alla questione da più punti di vista: se da una parte l’aspetto biblico – teologico viene sottolineato nel primo capitolo dell’importante Enciclica che stiamo trattando, dall’altra, nello stesso capitolo, emerge subito un’attualizzazione di questi stessi principi, rendendo lo scritto ancora più interessante e provocatorio.

È proprio questa provocazione e attualizzazione l’oggetto del presente articolo. Il Pontefice cerca di far emergere in cosa consistono le minacce alla vita in un contesto storico e culturale che dispone di risorse e capacità tecniche e tecnologiche in grado ci permettere all’uomo di compiere azioni mai possibili in nessun altro momento della storia dell’umanità.

Gli attentati alla vita, sia nascente che terminale, presentano «(…) caratteri nuovi rispetto al passato» tanto da mettere in discussione alcuni importanti punti di riferimento, disorientando la coscienza collettiva e spingendo l’uomo verso l’accettazione di forme di intervento, nei confronti dell’essere vivente, che non vengono più riconosciuti come veri e propri delitti, ma, paradossalmente, trasformandosi in pretese in grado di tutelare un diritto.

Il diritto e il desiderio di avere un figlio può davvero spingersi così oltre da superare qualsiasi rispetto verso una vita nascente? Il desiderio legittimo di paternità e maternità, quanto condiziona un atteggiamento che spera in un atto di concepimento che arrivi a buon fine al di là qualsiasi etica e morale? Chi paga per tutti i tentativi che purtroppo non giungono a buon esito? Quante vite nascenti devono essere stroncate per soddisfare il legittimo desiderio di avere un figlio?

Ecco il disorientamento, confondere il legittimo desiderio con le legittime azioni che l’uomo si può permettere di compiere nel rispetto della vita altrui, a qualsiasi stadio, in qualsiasi condizione. Problema non facile perché si tratta di toccare le corde più sensibili dell’animo umano, ma è proprio in questi frangenti che occorre rafforzare ed elevare la maturità della nostra fede, per vedere secondo gli occhi di Dio, Egli è l’unica ragionevole via per capire e accettare anche le realtà più difficili.

Non si tratta di dare un senso, a volte banalmente individuato e superficialmente consolatorio, alle vicende tragiche umane, ma di condividere la visione di Dio, immettersi in un percorso che fondamentale porta alla santità di vita, capire quindi a cosa davvero ci chiama a realizzare Dio nella nostra storia personale. È chiaro quindi che occorre porre la problematica circa il rispetto della vita ai massimi livelli di riflessione personale e di fede. Oggi, invece, si rischia di banalizzare la questione e addirittura di vederla tragicamente inserita in un conteso legislativo che con aberrante agilità supera qualsiasi ostacolo di carattere etico e morale.

Ecco le parole del Papa in merito ai quesiti legati alla tutela della vita: «(…) sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di “delitto” e ad assumere paradossalmente quello del “diritto”, al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l’intervento gratuito degli stessi operatori sanitari. Tali attentati colpiscono la vita umana in situazioni di massima precarietà, quando è priva di ogni capacità di difesa. Ancora più grave è il fatto che essi, in larga parte, sono consumati proprio all’interno e ad opera di quella famiglia che costitutivamente è invece chiamata ad essere «santuario della vita» (n. 11).

Il paradosso non solo è evidente ma anche doppio. Il primo, come appena sopra riportato, trasforma un delitto in un diritto, il secondo riguarda lo sconvolgere l’idea di famiglia, da santuario della vita in un realtà in cui si accoglie solo un certo tipo di vita, solo quella possibile a specifiche condizioni, intenzionalmente ma anche spesso inconsapevolmente, scelte e determinate da persone che pensano in tal modo di soddisfare legittimamente il legittimo desiderio di genitorialità. Le implicazioni morali sono molte e non possono essere eluse solo perché la legge scritta dagli uomini non le considera importanti.

La legge di Dio è invece scritta nei cuori, e compito di ogni fedele è dargli voce, ascoltarla, renderla concreta realtà da costruire ogni giorno. L’Enciclica non si ferma solo alla denuncia ma cerca anche di capire il perché di una tale contraddittoria situazione. Il Papa afferma che alla base di quella che Egli chiama “eclissi” del valore della vita, c’è una profonda crisi culturale. Lo scetticismo, nonché il relativismo culturale, circa i fondamenti del sapere e dell’etica «(…) rende sempre più difficile cogliere con chiarezza il senso dell’uomo, dei suoi diritti e dei suoi doveri». L’individuo si trova a vivere in una società complessa in cui è sempre più solo con i propri problemi. Le scelte in difesa della vita, in contesto in cui emergono diffuse le difficoltà esistenziali e relazionali, la fatica per la stessa sopravvivenza spesso disperatamente tesa verso una progettualità certa e stabile vissuta come però un’illusione che come concreta possibilità, «(…) rendono le scelte di difesa e di promozione della vita esigenti a volte fino all’eroismo».

Oggi, sembrerebbe dire il Papa, chi difende la vita non è più una persona normale, ma straordinaria, se quindi un tempo era nell’ordinarietà dell’esistenza difendere la vita, oggi è un evento che fa notizia. Ed ecco quindi il terzo paradosso, per quanto il valore della vita non si cessi di additarlo quale valore sacro e intangibile, purtroppo «(…) si tende a coprire alcuni delitti contro la vita nascente o terminale con locuzioni di tipo sanitario, che distolgono lo sguardo dal fatto che è in gioco il diritto all’esistenza di una concreta persona umana». La verità, in realtà, la strada la trova da sola perché è insopprimibile, come un villaggio illuminato nel buio della notte, se c’è, non si può tenere nascosto.