Tornare a Dio e restare con lui. Concluse in Cattedrale le 24 ore per il Signore

Il ritorno a Dio e lo stare con lui. Che è poi il succo delle “24 ore per il Signore”: sacramento della Penitenza e adorazione, in quel continuum di preghiera svolto anche a Rieti, come in tutte le diocesi, in sintonia con il Papa a Roma.

L’appello del profeta Osea ad Israele a tornare al Signore e il comandamento dell’amore richiamato nel Vangelo ha offerto lo spunto a monsignor Pompili per dare il “la” alla no-stop spirituale che da venerdì a sabato ha intrattenuto molti fedeli reatini. Nell’omelia della Messa di apertura, il vescovo Domenico, partendo dalle letture proclamate, ha ricordato innanzitutto la necessità di sentirsi bisognosi della misericordia di Dio, contro quel neo pelagianesimo denunciato anche dall’ultimo documento – la lettera Placuit Deo – della Congregazione per la Dottrina della fede: il confidare soltanto in sé stessi, la presunzione di potersi salvare con le proprie forze, mettendo da parte la grazia divina e cercando magari la salvezza «nelle cose che l’uomo potrebbe ottenere da sé come il possesso o il benessere materiale, la scienza o la tecnica, il potere o l’influsso sugli altri, la buona fama o l’autocompiacimento», ha detto don Domenico citando il documento. E invece, ha precisato Pompili, «niente di tutto questo ci salva. Solo Dio può veramente soddisfare l’uomo nel profondo. Stare in adorazione davanti a Dio è un modo concreto per convincersi che questa apparente passività è un modo semplice ed efficace per lasciarsi fare da Lui».

L’importante è, allora, sapersi affidare a chi è più grande della nostra piccolezza. E per farlo occorre uscire dal proprio io e aprirsi all’amore verso l’altro, come comprende quello scriba che rivolge a Gesù la domanda su quale sia il primo dei comandamenti. Nel rispondere, il Maestro, ha detto il vescovo, «non dice nulla di originale, neanche quando unisce l’amore di Dio a quello del prossimo», semplicemente ribadisce che l’amore conta più di tutto: «amare, cioè spostare l’attenzione da sé verso Dio e l’altro». E qui incombe l’altro errore denunciato dalla Placuit Deo: il neo gnosticismo. Confidare nella gnosi, in una «conoscenza della realtà, senza farsi toccare dalle sue contraddizioni. Non basta però sapere senza coinvolgersi e limitarsi a guardare da lontano», ha sottolineato don Domenico.

E dunque «starsene in silenzio davanti a Dio è un antidoto a questa falsa interiorità, mettendoci a contatto con la carne del Signore Gesù, morto e risorto per noi. Se infatti non cambia niente in noi, niente cambia fuori di noi».

Ecco, allora, il valore di questo mettersi a stretto contatto col Signore h24: perché quei due errori, pelagianesimo e gnosticismo, ci rimandano, ha detto ancora Pompili, «al nostro peccato che è fatto di presunzione di far da sé e di lavarsi le mani dalla realtà». E perciò il sostare al cospetto di Dio, adorando lui fatto uomo e fatto pane nell’eucaristia e accogliendo il suo abbraccio di misericordia nella riconciliazione, «è il modo per reimparare che solo Lui ci fa camminare per sentieri diritti e non tortuosi e per ritrovare così l’energia e il disinteresse di impegnarci per gli altri».