Un’idiozia conquistata a fatica

Il repertorio del Signor G. è fatto di parole dense e rivelatrici. Certo, a teatro c’era anche la sua mimica fenomenale, coinvolgente, ma le sue frasi, le sue battute, hanno la capacità di scatenare immediatamente un cortocircuito dei nostri pensieri.

A Gaber bastavano poche sillabe per nascondere la lama tagliente dell’aforisma più amaro dentro una apparente barzelletta. Il suo teatro impietoso ci riconda che l’idiozia contemporanea è la meta che a poco a poco siamo riusciti a raggiungere a spese dell’intelligenza. Nel senso che di intelligenza ce ne abbiamo messa molta per creare tutte le cose che ci stanno instupidendo.

«La decadenza che subiamo è uno scivolo che va giù piano piano. È una nuova esperienza che ti toglie qualsiasi entusiasmo e alla lunga modifica il tuo metabolismo. Siam lì fermi malgrado la grave emergenza come uomini al minimo storico di coscienza».

C’è una lunga catena di causa-effetto tra l’inarrestabile espansione del mercato e lo scadimento delle coscienze, sempre più assuefatte al consumo e alla totale dipendenza della produzione.

Gaber, insieme a pochi altri, intuiva il pericolo già negli in anni ‘70; negli anni ‘90 canta l’inesorabilmente trasformazione di quel pericolo in una realtà concreta, sotto i nostri occhi.

In questo quadro che sembrerebbe non prevedere via d’uscita, si impone all’individuo l’arduo compito di mantenere un precario ma consapevole equilibrio che gli consenta di dare un senso alle sue azioni quotidiane.