Se la pioggia tarderà…

Coldiretti: lo stato di calamità è da mettere in conto ma l’agricoltura ha bisogno d’altro.

In Italia la siccità sta provocando gravi danni. La Coldiretti denuncia un forte calo della produzione in molti settori a causa del caldo torrido e della mancanza di piogge: pomodori, mais, soia, ma anche latte e miele. Al responsabile economico della Coldiretti, Lorenzo Bazzana, abbiamo posto alcune domande.

Oramai è allarme siccità?

L’allarme siccità c’è sicuramente. E non è solo un problema italiano, ma mondiale, considerando che anche negli Stati Uniti c’è una situazione di siccità fortissima. Nel nostro Paese, tra giugno e luglio si sono registrate le temperature più elevate a memoria d’uomo. In generale, nelle terre emerse, sempre tra giugno e luglio, ugualmente si sono registrate le temperature più elevate a memoria d’uomo. Il problema della siccità sta investendo tanti territori e tante zone di produzione.

Quali sono i danni per l’agricoltura?

In Italia il mix determinato dalle scarse precipitazioni invernali e primaverili e, quindi, il deficit idrico che si è verificato rispetto alle precipitazioni attese di solito in questo periodo, combinato con le temperature elevate dei mesi estivi, ha comportato dei grossi problemi per la produzione di alcune tipologie, come il pomodoro da industria, il mais, la soia e la barbabietola da zucchero. Per queste coltivazioni si attendono riduzioni di produzione che oscilleranno tra il 20 e il 40%. Sono danni pesanti, che avranno una corrispondenza anche all’interno delle filiere. Il mais e la soia, infatti, sono fondamentali nella filiera zootecnica, la quale ha, a sua volta, una diminuzione di produzione perché temperature così elevate fanno sì che gli animali si nutrano di meno, producendo meno latte e carne. Allo stesso tempo, la riduzione della produzione di mais e soia comporta un aggravio dei costi perché bisognerà andare a comprare queste materie prime utilizzate per l’alimentazione del bestiame.

Si possono quantificare i danni?

Nel giro di qualche settimana la Coldiretti è passata a ipotizzare da 500 milioni di euro a oltre un miliardo di euro quella che può essere la perdita di reddito all’interno della filiera. È chiaro che queste sono stime e i dati dovranno essere verificati, considerando anche che abbiamo citato alcune filiere, ma anche altre potrebbero avere difficoltà. Lo stesso raccolto olivicolo, viticolo e, in generale, ortofrutticolo, infatti, potrebbe avere dei grossi problemi per l’attuale situazione di siccità.

Quali sono le regioni italiane più colpite?

Tutte le regioni sono colpite, anche se abbiamo alcune situazioni particolari. In alcuni tratti dell’arco alpino abbiamo addirittura problemi all’opposto: ci sono state precipitazioni con smottamenti, grandinate, con difficoltà, ad esempio, nella coltivazione di mele nella fascia settentrionale del Paese. Per il resto, abbiamo delle situazioni particolarmente pesanti a cavallo tra il Veneto e l’Emilia Romagna e poi, scendendo lungo tutto lo Stivale, laddove le temperature sono state assai elevate e non c’era acqua negli invasi, si sono avuti problemi molto gravi, soprattutto nelle colture di pomodoro, mais, soia, girasole, barbabietola.

Dunque siamo allo stato di calamità?

Uno stato di calamità è stato messo in conto dal ministro Catania, che sta lavorando per verificare questa ipotesi. In effetti, lo stato di calamità non è di per sé risolutivo del problema, sono necessarie delle risorse per affrontarlo. Sarà, poi, da vedere se, al di là della declaratoria dello stato di calamità, saranno trovate concretamente le risorse.

La questione della siccità è ormai mondiale: dobbiamo prevedere un aggravamento delle situazioni di carestia in alcune zone del pianeta?

Negli ultimi anni questo si è frequentemente verificato. Sappiamo che, malgrado una produzione agro-alimentare sufficiente ai fabbisogni del pianeta, spesso l’allocazione non equa delle risorse fa sì che ci sia chi sta male per la scarsezza di alimentazione e chi soffre della patologia opposta, mangiando troppo. Come c’è stata la bolla speculativa dei cereali qualche anno fa, con l’esplosione di situazioni critiche in alcuni Stati del bacino del Mediterraneo, c’è il rischio che con l’attuale siccità si ripeta di nuovo, con ricadute anche politiche.

La cultura contadina in Italia ha sempre fatto fronte alle avversità con grande dignità e spirito si sacrificio. Oggi l’agricoltura è molto cambiata: ritiene che i valori di un tempo siano tali anche oggi, anche nelle nuove generazioni e in un momento di forte difficoltà?

Noi crediamo che in questo momento la parte agricola stia dimostrando di avere quel buon senso e quella capacità di reazione che può portare il Paese fuori dalle secche. È necessario, però, che la parte politica capisca che nelle politiche economiche l’agricoltura e l’agro-alimentare non sono un elemento di retroguardia, piuttosto un elemento da stimolare con politiche adeguate, per due motivi. Innanzitutto, perché l’autosufficienza alimentare è ancora una questione strategica; in secondo luogo, perché in un Paese come l’Italia, povero di materie prime di altra natura l’agro-alimentare, l’agricoltura diventa una chiave di volta per riuscire a bilanciare, attraverso l’esportazione, l’economia di questo Paese, con un’attività fortemente legata al territorio, che valorizza il patrimonio storico, culturale, turistico dell’Italia e che può anche creare nuovi posti di lavoro.