San Felice da Cantalice maestro di vita. Don Domenico: «La sua sicurezza nasceva dalla fede»

Si sono svolti mercoledì 18 maggio i festeggiamenti in onore di Felice da Cantalice. A presiedere l’eucaristia il vescovo Domenico, che ha presentato il santo, nato nel paese vicino a Rieti il 18 maggio 1513, come l’incarnazione della «vita nuova in Cristo» di cui parla l’apostolo Paolo nella lettera ai Colossesi. Contadino e agricoltore a Cittaducale, dove si trasferì all’età di 10 anni, Felice optò per la vita religiosa quando ormai ne aveva 40. All’epoca gli eremiti francescani vivevano una fase delicata della loro storia, con l’ordine appena nato che rischiava addirittura di essere sciolto, ma «l’amore di Felice per gli ideali francescani, vissuti in completa povertà, lo spinse invece alla scelta più radicale».

«Felice – ha sottolineato mons. Pompili – era un analfabeta, ma, rivestito come era solo di un saio sdrucito e con le qualità di Cristo, divenne un riferimento non solo per i poveri, ma anche per la società alta di Roma», dove fu presto trasferito dopo gli anni della formazione. La sua popolarità crebbe rapidamente grazie al peculiare «mix di semplicità e di umiltà, ma anche di disponibilità e di accoglienza» che ne caratterizzava la personalità. Egli affrontò la vita del cappuccino, quotidianamente intento alla questua, con animo leggero: «Ciò che lo muoveva non era una rabbia ideologica, né una ricerca disperata, ma la consapevolezza che Dio sa di che abbiamo bisogno. La sua sicurezza nasceva dalla fede. Noi moderni, invece, abbiamo sostituito la fede nella provvidenza nella sicurezza della previdenza».

Dal vescovo, per contro, l’invito a ritrovare una sicurezza più interiore, analoga a quella di cui diede prova san Felice: una sicurezza in grado di spingerci «ad attraversare la difficoltà senza cedere allo sconforto o a false vie di uscita». Il santo si rivela grande «perché ci aiuta a non disperare e a trovare in noi la forza di resistere alle crisi, conservando la fiducia e addirittura aprendoci ai bisogni degli altri».

Foto di Massimo Renzi.