Chiesa di Rieti

Per riprenderci dal coronavirus sarà necessaria tutta la creatività e l’audacia dei giovani

Al termine del rosario recitato in diretta streaming dalla cappella della Madonna del Popolo, il vescovo Domenico si è soffermato sulla Giornata Mondiale della Gioventù: «Se non ci fosse stato il coronavirus l’avremmo festeggiata a livello locale proprio questa sera»

«Se hai perso il vigore interiore, i sogni, l’entusiasmo, la speranza e la generosità, davanti a te si presenta Gesù come si presentò davanti al figlio morto della vedova, e con tutta la sua potenza di Risorto il Signore ti esorta: “Ragazzo, dico a te, alzati!”». Si era ispirato alle parole dell’evangelista Luca, Papa Francesco, per il suo Messaggio in vista della 35esima Giornata della Gioventù. «Se non ci fosse stato il coronavirus – ha osservato mons Pompili ieri sera, al termine del rosario recitato in diretta streaming dalla cappella della Madonna del Popolo – l’avremmo festeggiata a livello locale proprio questa sera».

La sottolineatura del vescovo si è dunque rivolta in modo speciale ai giovani, e tornando sul brano evangelico don Domenico ha osservato che «Il miracolo, strepitoso, in realtà, non è mai un colpo di teatro, ma giunge al culmine di un crescendo di atteggiamenti che il maestro incarna». Il primo dei quali è quello di accorgersi del dolore e della morte, mentre con i suoi sta camminando verso questa località di nome.

Non lasciarsi immunizzare dal dolore

«Questa sensibilità è decisiva: non lasciarsi immunizzare dal dolore, dalla sofferenza e volgere altrove lo sguardo. I giovani, bisogna riconoscerlo, sono in genere sensibili. Lo abbiamo visto anche durante il terremoto: sono stati i primi e si sono messi in movimento e anche in questi giorni diversi di loro si muovono, non solo per consegnare a domicilio i pacchi viveri, ma anche per tutta una serie di esigenze che fanno per conto terzi. Senza questa pietà, non c’è che aridità».

Avvicinarsi e toccare le ferite

Il secondo atteggiamento, dopo quello di accorgersi del dolore, per quel che riguarda Gesù è di avvicinarsi e toccare. Gesù ferma il corteo funebre, si avvicina e tocca il morto. «Per rigenerare la vita non basta osservarla a distanza, ma occorre avvicinarsi e toccare con mano. E da questo punto di vista i giovani dopo questa tragica esperienza saranno i primi non solo ad uscire, ma anche ad avvicinarsi e toccare le ferite di una società che farà fatica a rimettersi in piedi. Ci vorrà tutta la loro creatività e tutta la loro audacia».

Fare leva su Dio

L’ultima sottolineatura è la parola del Maestro rivolta al giovane: “Alzati”. «È una parola perentoria – ha riconosciuto il vescovo – che non ammette incertezze perché non si tratta di una suggestione psicologica, della serie “devi credere in te stesso”. Qui il Maestro fa leva soltanto su Dio, che è l’unico che può dare la vita e restituircela per sempre».

«Perciò – ha concluso mons Pompili – questo invito “alzati” è in fondo un invito rivolto ai giovani a riscoprire l’entusiasmo che è Dio stesso, grazie al quale soltanto si riesce a sognare, a rischiare e a cambiare il mondo. Alzati, è qualcosa di forte perché dice di una certezza che è in grado di accogliere solo chi è giovane, cioè chi non si è ripiegato su se stesso».