Fondazione Varrone

Officine Varrone, pronti a rientrare

La seconda sezione della Corte d’Appello del Tribunale di Roma ha revocato la misura cautelare del sequestro delle Officine Varrone e disposto la restituzione degli immobili alla Fondazione Varrone. «Aspettiamo di riavere le chiavi delle Officine Varrone quanto prima, felici di rientrarvi dopo tanto, troppo tempo. Sappiamo che come noi anche la città è impaziente di rivedere quei luoghi», dice il presidente Antonio D’Onofrio

La seconda sezione della Corte d’Appello del Tribunale di Roma ha revocato la misura cautelare del sequestro delle Officine Varrone e disposto la restituzione degli immobili alla Fondazione Varrone (il complesso della biblioteca e quello delle aulette); contestualmente è stata revocata anche la riduzione in pristino degli immobili, disposta dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Rieti. «È una bellissima notizia per la città e per la Fondazione», il commento a caldo del presidente Antonio D’Onofrio, che sin dal suo insediamento aveva cercato di accelerare i tempi per riavere le Officine Varrone sequestrate nel 2014, cominciando con il riaprire- nel giugno 2019 – la ex Chiesa, che non rientrava nel perimetro dei beni sequestrati.

La Corte d’Appello ha disposto il non luogo a procedere verso l’ex presidente della Fondazione Innocenzo de Sanctis, l’ingegnere Andrea Cecilia e il titolare dell’impresa costruttrice Mario Ferretti per i reati di natura edilizia per l’intervenuta sanatoria ed ha assolto dal reato di falso Andrea Cecilia e il funzionario del Genio Civile Giuliano Turchetti perché il fatto non sussiste. A darne notizia i legali della Fondazione Varrone l’avvocato Pier Paolo Dell’Anno, del foro di Roma, e l’avvocato Matteo Pifani per conto dell’avvocato Vincenzo Martorana del foro di Rieti. La Corte si è presa 80 giorni di tempo per depositare le motivazioni della sentenza.

Al netto dell’inchiesta e del processo che ne è seguito, con il dissequestro dei due immobili la città ritrova nella sua interezza uno spazio urbano recuperato negli anni scorsi dalla Fondazione con un ingente sforzo finanziario al solo scopo di offrire alla comunità spazi per la cultura, lo studio e la ricerca, nell’ottica della crescita e del bene comune.

«Aspettiamo di riavere le chiavi delle Officine Varrone quanto prima, felici di rientrarvi dopo tanto, troppo tempo. Sappiamo che come noi anche la città è impaziente di rivedere quei luoghi – aggiunge il presidente Antonio D’Onofrio – ma un po’ di pazienza servirà. L’anno scorso, nel riaprire l’ex Chiesa di San Giorgio, dovemmo affrontare una serie di interventi di manutenzione e di adeguamento per un riutilizzo che rispettasse in pieno le norme di sicurezza. Lo stesso dovremo fare per le Officine. Parallelamente avvieremo un ragionamento complessivo sugli spazi della Fondazione, anche alla luce delle mutate condizioni e necessità. A Palazzo Potenziani, all’Auditorium Varrone e alla ex Chiesa San Giorgio si è aggiunto Palazzo Dosi, col suo laboratorio di restauro a piano terra e, presto al piano nobile, con la mostra sulle opere d’arte di Amatrice e Accumoli, che andrà così ad aprirsi nella piazza principale di Rieti. Si tratta di tutta una serie di operazioni da valutare e mettere a sistema, di cui discuteremo a breve in consiglio di amministrazione e contestualmente negli altri organi della Fondazione. Tutto questo sempre nell’interesse della città, alla cui vivacità culturale e crescita sociale la Fondazione non ha mai smesso di lavorare».

«Aver avuto ragione dopo tanti anni lascia una profonda amarezza. Avrei voluto condividere con il mio caro amico Elio Pietrolucci questa giornata: abbiamo lavorato insieme, per anni, con passione, per realizzare un’opera a servizio di tutti i cittadini, uno spazio che sarebbe dovuto diventare un volano economico e culturale; un polo d’eccellenza che la Fondazione Varrone di Innocenzo de Sanctis aveva voluto donare alla città», la dichiarazione di Andrea Cecilia.