Mons Pompili: «Il presepe “scandaloso” di san Francesco ci aiuta a restare vigili»

«Se ci fermassimo a contemplarlo, il presepe di Francesco risulterebbe scandaloso. Per questo, nel tempo, il presepe è stato in qualche modo “dolcificato”» Lo ha sottolineato il vescovo Domenico nella serata del 22 dicembre, durante l’ultima lectio del tempo di Avvento. «Oltre che sulla mangiatoia – ha spiegato – Francesco fa leva su due cose: l’asino e il bue. Questi due animali hanno un significato simbolico: al contrario degli uomini, che hanno perso la capacità di guardare alla realtà, sanno riconoscere da dove vengono, da quale mano dipendono, hanno i sensi ben svegli».

Di qui l’invito rivolto da mons Pompili ai più giovani: quello di «sostare davanti al presepe concedendoci qualche minuto di pensosa solitudine, fissando lo sguardo su quello che cade sotto i nostri sensi». Primo tra tutti la vista, che in certi presepi dal sapore orientale permette di cogliere «una lezione esigente», che «rimanda direttamente alla croce», descrivendo «la mangiatoia come un sepolcro».

«Questo – ha spiegato don Domenico – non deve intristirci, ma deve dirci che quel bambino non è innocuo: è l’uomo il cui destino è segnato da questo passaggio dalla morte alla vita, dalla povertà alla pienezza, dal limite alla realizzazione. Guardare al presepe, significa assumere lo sguardo di san Francesco, sbattersi davanti agli occhi la mangiatoia perché ha un significato straordinario: quella paglia in un certo senso rimanda al pane, e il pane all’eucaristia, e l’eucaristia non è un generico banchetto, ma il modo in cui Cristo dona tutto se stesso».

Cercare di comprendere appieno il significato del presepe aiuta a vivere l’avvertimento del Vangelo a «vigilare», a credere. La fede, infatti, «rende insonni, e comunque sempre attenti a quel che accade. Chi crede è più portato a non lasciarsi addormentare da come ce la raccontano. Chi crede non si lascia fuorviare dalle utopie, né è disposto a lasciarsi sopraffare da un tempo sonnambulo, che costringe a vivere come automi».

Seguendo la Parola, il vescovo Domenico ha invitato a i giovani «vigilare», a «mantenere quella lucidità grazie alla quale ci si misura con la realtà per quella che è», e a cogliere nell’«incertezza» della vita, nella finitezza umana, nel senso del limite, ciò che aiuta a «decongestionare il nostro cuore», ciò che «risveglia dall’accidia che ci paralizza».