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Minori, ma non marginali. Rieti, città in perfetta letizia

Rieti ha forse più risorse che problemi. Ma allora perché ci sentiamo spesso ingabbiati da una sfiducia senza soccorso? Il dubbio di vivere in una città che ha paura di riconoscersi felice

A volersi mettere nell’ottica dell’Ottobre francescano, si potrebbe tentare una lettura del territorio attraverso qualche intonata parola chiave. L’aggettivo “minore” ad esempio, sembra descrivere bene gran parte dei nostri malumori. I reatini sono orgogliosi, ma sanno pure di essere una piccola frazione degli abitanti e dell’economia della Regione: di qui alla sensazione di contar poco, di non essere ascoltati, di venire a volte depredati, il passo è breve.

Il dubbio è legittimo, ma forse conviene cambiare prospettiva. Perché a Rieti meglio che altrove Francesco ha insegnato la forza dell’essere “minori”. Il santo badava a restare in basso per seguire l’umiltà di Cristo e di conseguenza fondò il suo ordine sull’amore gratuito e il servizio mite e lieto al fratello. Una rivoluzione evangelica che scardina ogni logica di domino, di potere e possesso, di cui anche il nostro tempo sembra avere bisogno.

Una conquista profonda, forse preceduta da un altro approccio: quello che aiuta a scoprire il gusto per le cose piccole, ma preziose. E questa è forse la chiave di maggiore riuscita oggi sul territorio. Questo fine settimana ce lo ricorda “Giallo in centro”, premio di letteratura gialla e noir, e ancora meglio lo sport, con lo Scopigno Day e la tre giorni dell’atletica giovanile europea e italiana al Guidobaldi. Iniziative di qualità che dimostrano come ad azzeccare la giusta misura di possa dar vita a manifestazioni rilevanti e feconde. Quello che è accaduto – per restare allo sport – con i campionati europei di Wakeboard celebrati sul lago del Salto la scorsa estate, o con il volo a vela, che nella nostra valle trova sempre i venti ideali.  Tutti eventi di nicchia, “minori”, ma non marginali, in grado, anzi, di mettere sotto una luce diversa dal solito una città che troppo spesso racconta male se stessa, indugiando su inciampi e difficoltà.

Le sconfitte non mancano, è vero, ma forse ha ragione il vescovo a parlare di una diffusa cherofobia: la diffidenza, se non la paura, verso la felicità. Una condizione individuale, è vero, ma che sembra potersi applicare anche alla dimensione cittadina.

Ed è ancora san Francesco a offrire un rimedio. Chi meglio del «campione della letizia» può infatti indicare una via d’uscita dallo scoramento, dichiarare possibile e legittima la gioia, segnare la strada per una rinascita? La ricetta è semplice: occorrono libertà, una buona dose di coraggio e tanta ironia. La libertà è innanzitutto da se stessi. È la condizione di chi ha gettato la tara del proprio ego e dei propri pregiudizi. Per Francesco è stato quasi come strapparsi quasi la carne di dosso: ha dovuto riuscire a prendere le distanze «da quel grande cavaliere che si era figurato di essere quando era più giovane». Ma anche Rieti è spesso fuori misura: nei problemi, nelle rendite di posizione, nel muro contro muro.

Per questo ci vuole il coraggio, che è la spinta che ci consente di affrontare la vita anche quando si presenta complicata e faticosa. Quel «sussulto di vitalità» che ci impedisce di «soccombere» e ci rende «capaci di sciogliere anche le situazioni più difficili», facendoci «persuasi che anche quando sembra inutile in realtà è importante che noi ci mettiamo la nostra parte».

Quanto all’ironia, «san Francesco tra le righe ce la lascia intendere spesso, perché sa in ogni situazione, anche la più grottesca trovare quel filo ilare che riscatta l’assurdo e in qualche modo consente di sopportarlo».

«Lo spirito – ha spiegato il vescovo – differisce dalla semplice materialità e dalla semplice dimensione psichica per la capacità di guardare le cose da una prospettiva superiore: quella propria di Dio. Se diventasse anche il nostro sguardo sapremmo sorridere di tante e tante cose», e magari riusciremmo pure a prendere sul serio le cose che funzionano, senza sottovalutare i problemi.
Non tanto per un esercizio di onestà intellettuale, quanto per trovare il modo di essere il più giusti possibile con se stessi.