L’universo parallelo dei comunicati stampa

Certe volte viene proprio da chiedere scusa ai propri quattro lettori per lo spazio concesso ai comunicati stampa. Certamente sono uno strumento importante ed utile per gli addetti ai lavori. Aziende, politici e artisti ormai non possono farne a meno. Non solo perché permette la rapida diffusione di una notizia, ma anche perché talvolta veicola dati rilevanti, punti di vista e riflessioni.

Rilanciare le note, sembra dunque una cosa buona, da mantenere tra i vantaggi della libertà di stampa. Eppure spesso nel pubblicare certe veline non manca l’imbarazzo. E non tanto per questioni di natura letteraria. Ma perché nel fare copia e incolla ci si sente quasi complici di un imbroglio. Si avverte come la responsabilità di tenere in vita una sorta di ridicolo universo parallelo.

Per metà è fatto di annunci che presentano i doveri e l’ordinaria amministrazione degli enti come atti straordinari, quasi eroici. Come se l’aver fatto un sopralluogo in montagna in vista di un evento sportivo equivalesse alla conquista dell’Everest.

L’altra metà consiste di un epico campo di battaglia, sul quale spregiudicati eroi della tastiera ingaggiano lotte titaniche e personalissime. I memorabili scontri tra Cicchetti e Imperatori o l’imperdibile botta e risposta sulla sfiducia al consigliere Miccadei danno bene l’idea. Spesso il livello del dibattito è più o meno fermo al fondamentale problema dell’aglio nell’Amatriciana.

In qualche caso la polemica parte pure da temi seri, ma dopo un po’ le questioni vere scivolano sullo sfondo e alla fine è assai difficile persino farsi un’idea.

Del resto non si capisce bene cosa importi ai lettori di certe schermaglie. Sorge allora il dubbio che in fondo qualche velina sarebbe meglio non pubblicarla. Ma forse cedere a questa tentazione sarebbe la cosa peggiore.

Non perché si rischia d’incappare nella retorica dell’anticensura, ma perché, se non altro, verrebbe a mancare la continua testimonianza di autoreferenzialità ed alta considerazione di sé dei protagonisti.

Che poi equivarrebbe a minori occasioni per misurare noi stessi sulla base della “classe dirigente” che ci siamo dati e per interrogarci su quale buco nero abbia risucchiato tanto i grandi temi di fondo quanto i piccoli problemi di ogni giorno.

Tutte cose rispetto alle quali assistere ad un accenno d’interesse sarebbe già una fortuna.