Lavoratori Ritel: sospesi nel limbo

Ritel. Una parola che racchiude dentro di sé un mondo. Fatto di mani, volti, parole. Di uomini e donne che da mesi, stanno aspettando una risposta sul loro futuro.

Riunioni, incontri, tavoli di crisi, documenti, firme per arrivare sempre ad un nulla di fatto. A tante belle parole che lasciano il tempo che trovano. E così questi lavoratori, queste persone, questi uomini, queste donne, continuano la loro battaglia silenziosa e dignitosa carica di molti più significati di quanti ne possa avere tutto il resto. Non mollano. Continuano il presidio, anche questo sempre corretto, all’interno della sala consiliare del palazzo di città in attesa che arrivi finalmente la notizia giusta, buona. Quella che potrebbe far guardare al futuro con un po’ più di serenità. Ha detto bene il presidente della Provincia Melilli: «Si è giocato abbastanza e si è parlato anche troppo. Ora servono fatti concreti. I lavoratori hanno bisogno di certezze anche perché la maggior parte di loro ha alle spalle una famiglia». Durante l’ultima assemblea generale delle lavoratrici e dei lavoratori, ormai stanchi, è emersa forte preoccupazione per il continuo allungarsi dei tempi riguardo alla soluzione della vertenza.

Quando ti avvicini a queste persone e chiedi loro cosa significhi la parola lavoro ti rispondono che oggi parlare di lavoro è difficile. Ed hanno ragione. Senza lavoro la vita cambia. Senza stipendio non ce la fai ad andare avanti. E poi le mani sono fatte per lavorare, produrre. Non possono rimanere troppo tempo ferme ad aspettare. L’uomo ha bisogno di lavorare non soltanto per arrivare a fine mese e soddisfare i propri bisogni, ma perché si sente parte attiva di una società e di un gruppo. Non sono contenti questi lavoratori di alternarsi all’interno del Comune a presidiare una sala dove da fare non c’è nulla. Se non attendere, sfogarsi e magari pensare a come finirà una vicenda durata troppo a lungo e giocata sulla pelle di chi invece vorrebbe trovarsi altrove. A lavorare appunto. A sudare. E non seduto su una seggiola di velluto rosso ad aspettare che qualcosa cambi. Ed è questo che dovrebbe spingere chiunque, classe politica e non, a schierarsi con tutti questi uomini e donne affinché possano vincere la loro battaglia.