I segreti del cardinale Tonini

Venerdì 11 giugno 2004 il Sir intervistava il cardinale Ersilio Tonini che di lì a poco (il 20 luglio) avrebbe compiuto 90 anni. Ecco le sue risposte, sempre stimolanti, alle domande di Francesco Zanotti che lo incontrò presso l’Opera Santa Teresa di Ravenna, il Cottolengo della Romagna.

Cardinal Tonini, alla vigilia dei suoi novant’anni, viene d’obbligo chiederle: come si fa ad arrivare alla sua età con la freschezza che lei sa trasmettere?

“Non so rispondere. In seminario, su venticinque preti ordinati nel 1937, ero tra i più deboli di salute. I più deboli sono stati quelli che hanno vissuto di più”.

Quali sono i suoi segreti?

“Leggere e studiare di continuo. Seguire le vicende e i problemi, tenendo conto che un vescovo è responsabile del futuro. È suo compito indicare il futuro, preparare la sua generazione a quello che accadrà. E questo richiede un continuo studio, lettura, imparare sempre e non accontentarsi mai delle solite cose. Per questo la conoscenza di qualche lingua è essenziale: leggendo i giornali europei si ha coscienza di quello che sta succedendo nel mondo. Quello che sta accadendo in Inghilterra tra poco accadrà da noi. Questi interessi culturali che non sono solo di arricchimento personale, per un vescovo sono quelli che gli indicano di arrivare in tempo a porre i problemi, farli sapere e farli conoscere, in modo che quando arrivano le grandi sfide si è preparati”.

In quest’era di globalizzazione i particolarismi sono più forti?

“Rischieranno di diventare più forti, se questa universalità dovesse distruggere il particolare. In sostanza si passa dalla monoappartenenza alla pluriappartenenza. In Europa, per cinque secoli, quando si sono formate le nazioni-Stato, è successo che i confini sono diventati frontiere, le frontiere sono state armate dai cannoni, e poi sono state solo storie di lotte. Non c’è stato un periodo di pace che abbia superato i 50 anni. Attualmente stanno scomparendo i confini. Siamo prima uomini e poi cittadini tedeschi, francesi, inglesi”.

Il futuro dell’Europa prevede grandi sfide, soprattutto per la Chiesa cattolica…

“Sono sfide e opportunità. Ognuno, in Europa, diventa testimone e missionario, con la presenza del mondo euroasiatico. Si tratta di una sfida enorme, complessa, immensa. Però si tratta anche di un’opportunità straordinaria. Significa che potremo offrire, al resto del mondo che verrà qui, il meglio della conquista di civiltà che è stata operata dal pensiero greco, ebraico, cristiano. Perché non c’è dubbio che per creare un’identità umana in tutti bisogna avere una visuale identica della vita. I greci, pur saggi, non l’avevano, perché per i greci gli schiavi non contavano nulla. La Chiesa è in grado di offrire quello che chiamiamo ‘umanesimo’: un uomo non è mai mezzo per nessuno. Lo Stato è al servizio dell’uomo”.

I cattolici saranno fermento per l’Europa?

“Devono esserlo. Il punto è preparare i nostri adolescenti in questa direzione. È questo il grande tema. Ecco perché gli adolescenti devono essere al centro e non solo perché sono in mezzo alla vita. Per un altro motivo: perché devono essere capaci di superare anche lo stesso sentimento patrio di un tempo. Devono allargare il sentimento patrio, assumersi le responsabilità di chiunque incontrano. Devono prepararsi a questa capacità di stare insieme, convivere insieme, trattandosi umanamente e rispettando la libertà degli altri, la lingua degli altri. Dopodiché il senso patrio deve rimanere, però mettendosi insieme con questa visione del mondo più ampia. Il senso europeo sta proprio qui. Nella nostra civiltà non c’è soltanto il principio dell’uguaglianza dei diritti. Non si dice soltanto che gli uomini sono uguali, ma si dice che i più deboli sono i più uguali. È il rovesciamento della dittatura e anche di certe visuali aristocratiche per cui chi ha di più conta di più”.

Mi pare che lei indichi, come altri, che la sfida del futuro sta nell’educazione, nella formazione delle nuove generazioni.

“È evidente. Ho visto il progetto di legge per la Costituzione europea. È glaciale. Di una glacialità impensabile. Quando lo confronto con il testo della Costituzione tedesca del 1946, dove c’è un fervore immenso… In Europa abbiamo una grande tradizione, ma in gran parte è stata spazzata via. Dobbiamo scrivere le nuova Carta costituzionale europea attorno a dei valori intangibili, uguali e riconosciuti da tutti. Non sarà semplice, perché anche di fronte al rispetto per la vita umana già oggi, fra le diverse nazioni europee, ci sono differenti visioni di tutela e di garanzia. Occorre fare chiarezza su un nucleo di verità e di valori essenziali su cui costruire il futuro delle nuove generazioni”.