Guttuso, distante e vicino

Crispino Valenziano rivisita la produzione di carattere religioso del maestro

Guttuso… credeva di non credere…

Significativo è il caso che, a chiusura dell’Anno della fede, l’ultimo lavoro di Crispino Valenziano dal suggestivo titolo “Guttuso… credeva di non credere…”, uscito nel dicembre 2013 ed edito per i tipi della Libreria editrice vaticana, proponga una complessa analisi sul significato che la fede può avere per persone che ne sono “apparentemente” distanti.

Renato Guttuso è stato un artista del Novecento dal forte temperamento e nelle proprie tele riversava tutta la sua sensibilità per la vita reale attraverso il sussulto struggente dei corpi e la forza dei colori.

L’autore propone una sorta di viaggio cronologico e una lettura ampia delle opere di carattere religioso, cercando di comprendere il senso profondo dell’espressività delle immagini in una produzione che abbraccia sia tematiche vetero-testamentarie come il Sogno di Giacobbe (1938) e la Moglie di Lot (1969), sia neo-testamentarie come La Maddalena (1938), Cristo alla colonna (1966). Valenziano si avvale sia della diretta conoscenza del maestro, sia delle testimonianze di amici, conoscenti, estimatori, come Pasolini, Ungaretti e Calvesi, e soprattutto esplora gli scritti dello stesso artista.

La comune radice siciliana consente all’autore di scorgere in Guttuso un sentimento religioso semplice e spontaneo che tradotto in pittura diviene funzione sociale e recupera “la valenza popolare dell’arte ecclesiale: dipingere tra la gente così come dipingere per il laos stesso della leitourgheia”.

La comprensione delle opere dell’artista viene sviluppata mediante gli strumenti e la metodologia dell’esegesi, ovvero la ricerca delle corrispondenze ed i rimandi con le Sacre Scritture. L’ermeneutica di un’opera d’arte al pari dell’ermeneutica di un passo evangelico; e se ad un primo approccio potrebbe sembrare una forzatura, soprattutto rispetto al crudo realismo delle rappresentazioni del maestro, rivela invece quanto Renato Guttuso fosse attento allo studio e all’interpretazione delle tematiche cattoliche, sia sul piano testuale sia storico.

L’esegesi di Valenziano si confronta con il verismo esuberante, vitale e aspro dell’artista siciliano senza barriere dogmatiche ma attraverso l’analisi semantica delle opere anche di carattere enigmatico ed ermetico come ad esempio in Spes contra spem (1982), dove vita e morte sono unite dal sottile filo della speranza, nuda perché semplice e vera, pura perché di sapore religioso.

Di particolare rilevanza il capitolo dedicato alla Crocifissione (1940). Si parte dalle genesi dell’opera, si giunge alle critiche da parte dell’allora gerarchia ecclesiastica, fino alla realizzazione finale di un’opera struggente e tragica, dove irrompe il corpo nudo della “pia donna” straziata dal dolore ai piedi della croce. Chiari sono i segni della città contemporanea per quello che Valenziano chiama “hic et nunc liturgico che attualizza l’evento misterico”, per cui la verità evangelica diviene fatto attuale e reale.

Nel capitolo dedicato alla Fuga in Egitto, (1984), viene riproposta parte dell’intervista concessa da Renato Guttuso al giornalista Costantini dove il maestro, oltre ad affermare di aver avuto da bambino un’educazione cattolica, dice di essere cresciuto in modo libero e afferma di avere un senso religioso della vita, più ‘privato’ che ‘pubblico’, proprio lui che credeva di non credere…