Della libertà religiosa

Una questione vecchia di soli 17 secoli rivisitata da Elena Percivaldi

“Un’era che sarebbe terminata con il Concilio Vaticano II, con sollievo di alcuni e scandalo e rimpianto di altri. Sono passati diciassette secoli, e sembra ieri”.

L’era di cui parla la studiosa di storia medievale Elena Percivaldi in “Fu vero editto? Costantino e il cristianesimo tra storia e leggenda” (Ancora, 95 pagine) è quella detta costantiniana, vale a dire il periodo che va dal 313 al 337 della nostra epoca. Un’era che ha iniziato un dibattito, quello dei rapporti tra Stato e Chiesa, che lungi dal sopirsi, sta conoscendo oggi – come è accaduto del resto in passato – momenti di grande drammaticità.

Il libro arriva quindi in un momento adatto, non solo per il dibattito in corso, ma anche perché nel febbraio di mille e settecento anni fa, i due augusti, quello d’Occidente (Costantino) e quello d’Oriente (Licinio) s’incontravano a Milano per il matrimonio tra la sorella del primo con Licinio: unione evidentemente politica, costruita a tavolino nel tentativo di sistemare per un po’ di tempo la questione imperiale tra Ovest ed Est e dare respiro ai due imperatori che avevano una marea di problemi da risolvere.

Quel matrimonio, però, è stato messo in ombra da un altro evento che, nella stessa occasione, è rimasto scolpito in modo indelebile nella storia come l’Editto di Tolleranza: la pax religiosa e il conseguente riconoscimento della liceità della religione cristiana dopo una serie di durissime e sanguinose persecuzioni.

Il merito di questo breve ma succoso volumetto è quello di precisare storicamente, con documenti alla mano (quelli che ci sono arrivati), e con grande chiarezza espositiva, eventi capitali per capire la nostra stessa attuale realtà. Pochi sanno, infatti, e fa bene la Percivaldi a ricordarlo, che già il compagno di persecuzioni di Diocleziano, l’imperatore Galerio, giunto alla fine della sua vita, due anni prima di Milano aveva dettato quello che deve essere considerato il primo vero editto di tolleranza, ripreso poi dai due imperatori che si incontravano nella nuova capitale d’Occidente.

Era un testamento, quello di Galerio, che raccontava il proprio fallimento: lui che aveva sospinto Diocleziano nella caccia al cristiano (con lo scopo, tra gli altri, di impadronirsi di ricchezze e proprietà), si era accorto che le morti più atroci avevano moltiplicato e rafforzato quella “setta” e che anzi, in Oriente alcune popolazioni avevano preso le difese di famiglie che altrimenti sarebbero state massacrate per la loro fede.

Indubbio merito la chiarezza, se coniugata, come in questo caso, alla scientificità: in poche pagine il lettore ha di fronte a sé un quadro d’assieme, grazie anche a schemi riassuntivi e a rappresentazioni geografiche, di un periodo spesso trascurato. Con delle chicche, come quando l’autrice ricorda che a mettere in giro le accuse più superstiziose e irrazionali (ad esempio quella dell’antropofagia) sui cristiani non fu il popolo ignorante, ma raffinatissimi intellettuali “come il filosofo platonico Celso o il precettore dell’imperatore Marco Aurelio, il grande retore Marco Cornelio Frontone”.

Altre pagine utili sono quelle dedicate al Concilio di Nicea, quando si stabilì l’attuale Credo e fu combattuto l’arianesimo (con il particolare, paradossale, del battesimo di Costantino da parte dell’ariano Eusebio) e alla questione della cosiddetta Donazione di Costantino – l’atto in cui l’imperatore avrebbe donato alla Chiesa Roma e parte dei territori occidentali -, destinata a sollevare nei secoli ulteriori scontri tra chi sosteneva la liceità del potere temporale dei Papi e coloro che invece sostenevano l’assoluta separazione tra i due poteri: Dante, per esempio, pur non potendo sapere della inautenticità della Donazione, la attaccò come fonte di corruzione nella Chiesa. Ha ragione la Percivaldi: la questione sembra iniziata ieri, ed invece ha 1700 anni.