Chiesa di Rieti

Dalle “Vite sospese” alla “Casa del Futuro”: il progetto della diocesi come linea guida

Parlando di ricostruzione post sisma all’incontro “Vite spezzate”, organizzato dalla Chiesa di Rieti e da Libera non poteva mancare la presentazione del progetto più ambizioso: la Casa del Futuro che la diocesi intende realizzare con l’aiuto dello Studio Boeri

È stata “Futuro” la parola più ricorrente della mattinata nella chiesa di San Domenico, in occasione dell’incontro “Vite sospese”, organizzato da Chiesa di Rieti e Libera per ragionare sulla ricostruzione post sisma in senso partecipativo. “Futuro” come “Casa Futuro”, il progetto di ricostruzione più ambizioso pensato ad oggi per le zone devastate dal sisma.

Un progetto che non a caso si proietta a partire dal nome in una dimensione successiva, inevitabilmente non identica al passato, come detto da monsignor Pompili.Nell’area del Don Minozzi che fu orfanotrofio ma anche e soprattutto luogo di formazione per i ragazzi, la Chiesa di Rieti getta le basi per l’idea sviluppata dallo Studio di Architettura di Stefano Boeri: è Corrado Longa ad illustrare il progetto.«Il nostro Studio è stato impegnato da subito nella zona di Amatrice, l’abbiamo conosciuta dal momento in cui ci è stata commissionata la realizzazione dell’Area Food grazie ai fondi racconti da La7 e dal Corriere della Sera».

Un importante lavoro di squadra, lo definisce Longa, che ha dato la possibilità di tornare a lavorare in temi brevi ai ristoranti della zona, ricucendo il tessuto turistico ed economico della zona, di tradizione prevalentemente gastronomica. «Ma soprattutto è stato un lavoro che ci ha portati a fare delle riflessioni profonde sul territorio che abbiamo proiettato su “Casa Futuro”, studiando le peculiarità e le caratteristiche della zona di Amatrice, e proiettandole in una prospettiva molto più ampia, che ha permesso di estendere il progetto tecnico a quello sociale».

Un obiettivo molto complicato, anche a causa dei macchinosi ostacoli della burocrazia, e certamente un progetto che presuppone anche da parte della popolazione un’apertura culturale ed ambientale che osservi la realtà dell’oggi con occhi ben aperti.

«Occorre tener conto del passato ma dando vita ad iniziative ambiziose spostati nella proiezione del futuro: guardare avanti è l’unico modo per consentire ai paesi di non cedere allo spopolamento ed al ripiegamento su se stessi. Per poter ricostruire questa luoghi è necessario nutrire una visione d’insieme complessiva ed aperta, non fermarsi al mero edificio ma osservare la realtà in prospettiva, avendo ben chiaro che per riportare i giovani nei luoghi del cratere sono fondamentali interventi di alto livello qualitativo e allineati con linee globali».