Brexit: chi è uscito da cosa

Ad una settimana dal voto del Regno Unito che ha sancito l’uscita dall’Unione Europea possiamo guardare con più attenzione al risultato del referendum. Non è infatti ozioso chiedersi chi effettivamente è andato alle urne per esprimere la volontà di lasciare l’Ue.

La prima distinzione da fare è quella demografica. Ad un primo sguardo è chiaro che i giovani hanno votato per restare. Andando più a fondo si scopre però che solo il 30% di loro è andato a votare, infatti c’è chi imputa a quest’indifferenza la responsabilità della Brexit. Ma bisogna dire che l’astensione è un fenomeno ampiamente diffuso in tutto il continente. Inoltre la campagna referendaria per il Remain è stata davvero debole e incapace di risvegliare il senso di appartenenza e comunità che invece si è visto dopo.

Un’altra differenza fondamentale è quella socioeconomica. Londra è l’unica macchia di voti “europeisti” in tutto il sud dell’Inghilterra e ciò si deve allo sviluppo profondamente diseguale del paese. Il Pil cresce soprattutto nella grande città e il resto della popolazione sente ancora gli effetti della crisi.

Ma superando il dato numerico possiamo dire che a decidere è stato lo spirito inglese, sempre teso alla libertà, deviato per così dire da un’informazione incompleta e da interessi elettorali. Il populismo di destra cresce e la Brexit è uno dei suoi effetti in un certo senso.

Spingendoci ancora oltre possiamo dire che è l’Europa ad uscire dal suo sogno, la storia è uscita da se stessa. La tendenza all’integrazione si è fermata. E adesso entriamo nell’incertezza assoluta, nessuno sa infatti cosa accadrà a medio e lungo termine. È però certo che il Regno Unito e nessun inglese può uscire dalla cultura europea che hanno ampiamente contribuito a formare. Non si può indire un referendum per uccidere le idee e prima o poi un vento tornerà a riaccendere il fuoco d’unità che adesso sembra spento.