38. Giovanni Paolo II nella “Centesimus annus”: la ricerca del senso della vita non si ferma di fronte all’ateismo

«(…) la Chiesa ha affermato con semplicità ed energia che ogni uomo — quali che siano le sue convinzioni personali — porta in sé l’immagine di Dio e, quindi, merita rispetto». (n. 22).

Questa l’affermazione che proponiamo all’attenzione dei lettori per continuare l’approfondimento dell’importante Enciclica “Centesimus annus” di papa Giovanni Paolo II proclamata quasi 20 anni or sono, nel 1991, nel ricordo della “Rerum Novarum”, prima enciclica sociale della Chiesa, del 1891, di Papa Leone XIII. Il venerabile papa sottolinea con questa frase una sorta di principio irrinunciabile, un fondamento su cui costruire e contemporaneamente a cui tendere: il rispetto della dignità dell’uomo in quanto immagine di Dio. Si tratta del principio ispiratore che occorre sempre avere a mente nelle scelte gravose come in quelle semplici, nelle ordinarie e nelle speciali ed eccezionali. Ciò garantisce il pieno rispetto della bontà della scelta, qualsiasi essa sia in qualsiasi campo dell’esistenza. Una via diversa conduce l’uomo alla rovina di se stesso. Nell’Enciclica trova spazio una specifica sezione dedicata all’anno 1989. Si tratta, evidentemente, di una chiara indicazione di quanto le linee della storia prima o poi presentino il conto ad ogni realtà l’uomo crei, soprattutto se lontana dal rispetto della dignità dell’uomo e i conti sono duri da pagare se il concetto di dignità viene separato dal riconoscimento, nell’uomo stesso, dell’immagine di Dio. Immagine che si può rintracciare e riconoscere nella coscienza ed esperienza spirituale umana. Qualsiasi processo storico che si confronti con questo principio e da esso si lasci ispirare, conduce a “ (…) nuove forme di democrazia, che offrono la speranza di un cambiamento nelle fragili strutture politiche e sociali, gravate dall’ipoteca di una penosa serie di ingiustizie e di rancori, oltre che da un’economia disastrata e da pesanti conflitti sociali”. (n. 14). L’esperienza dura e tragica di Papa Giovanni Paolo II della seconda guerra mondiale nonché quella del regime comunista in cui è vissuto da giovane prete e poi vescovo e cardinale, certamente pesano molto nella riflessione che ha offerto nei suoi scritti. Indicazioni preziose che oggi sono di grande valore viste le grandi tensioni sociali che l’Italia e il mondo stano attraversando. “(…) è certamente la violazione dei diritti del lavoro”. (n. 23) uno dei fattori che conducono nel baratro di un crollo politico, economico e sociale:. Altro aspetto importante riguarda la scelta di mezzi pacifici da usare all’insegna della verità proclamata e difesa in ogni momento e occasione: “(…) tentare tutte le vie del negoziato, del dialogo, della testimonianza della verità, facendo appello alla coscienza dell’avversario e cercando di risvegliare in lui il senso della comune dignità umana”. (n. 23). Perfino il blindato ordine politico imposto all’Europa dai vincitori della seconda guerra mondiale ha dovuto cedere di fronte alla pacifica, tenace e testarda manifestazione della verità. Ulteriore fattore è quello dell’inefficienza del sistema economico quando, oltre che minare alle basi i diritti naturali dell‘uomo, non è capace o non vuole valorizzare la cultura, la storia e lo spirito del popolo a cui si rivolge. Anche qui il papa afferma: “Il secondo fattore di crisi è certamente l’inefficienza del sistema economico, che non va considerata come un problema soltanto tecnico, ma piuttosto come conseguenza della violazione dei diritti umani all’iniziativa, alla proprietà ed alla libertà nel settore dell’economia. A questo aspetto va poi associata la dimensione culturale e nazionale: non è possibile comprendere l’uomo partendo unilateralmente dal settore dell’economia, né è possibile definirlo semplicemente in base all’appartenenza di classe. (…) Al centro di ogni cultura sta l’atteggiamento che l’uomo assume davanti al mistero più grande: il mistero di Dio.” (n. 24). Quando questa ricerca viene eliminata o si pretende di farlo in nome delle più svariate ideologie o filosofie, il vuoto di senso emerge nel cuore dell’uomo e sorgono prepotentemente bisogni ed esigenze che con forza vogliono essere soddisfatte. La ricerca si fa quindi forte e impellente e la risposta risiede nella storia, nel cuore e nella comunità a cui appartiene l’uomo. Ecco quindi che l’ateismo rappresenta il fattore “principe” che spinge l’uomo verso l’alienazione di sé, fino a giungere ad un confronto che lo ha visto sempre perdente: “il vuoto spirituale provocato dall’ateismo, il quale ha lasciato prive di orientamento le giovani generazioni e in non rari casi le ha indotte, nell’insopprimibile ricerca della propria identità e del senso della vita, a riscoprire le radici religiose della cultura delle loro Nazioni e la stessa persona di Cristo, come risposta esistenzialmente adeguata al desiderio di bene, di verità e di vita che è nel cuore di ogni uomo. Questa ricerca è stata confortata dalla testimonianza di quanti, in circostanze difficili e nella persecuzione, sono rimasti fedeli a Dio.” (n. 25).